Eva, la scrittrice

Come Eva, scrittrice alle prime armi, arriva a Melata per indagare con Livia sul mistero delle piazze perdute e come resta coinvolta nel caso di Vanessa.

Un luogo misterioso e il diario di Eva

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Dalla finestra del suo studio al decimo piano della clinica osserva il paesaggio freddo e innevato, illuminato solo a tratti dalla luce dei lampioni a led avvolti da una leggera nebbia. In lontananza sta passando silenzioso il rapido monorotaia delle 19.30. Alcune motoslitte scivolano sul ghiaccio che riveste la strada. Uno dei lampioni è spento, forse è stato preso a sassate durante l’ultima sommossa, per fortuna sedata immediatamente dall’Europolice. Quel pensiero lo fa sorridere tra sé e sé, ma il suo volto rimane impassibile. Torna alla scrivania, raccoglie alcuni documenti elettronici sparsi e si decide a scendere nel sotterraneo per il solito controllo, ma senza fretta. L’esperimento sta funzionando.

Si ferma davanti all’ascensore riservato ai dirigenti e avvicina l’occhio destro al sensore.

Le porte si aprono immediatamente e inizia la discesa agli inferi, come i suoi collaboratori più disinvolti chiamano il bunker, credendo che lui non lo sappia. Può permettersi di concedere loro quel piccolo sgarro, in fondo sono dei programmatori davvero geniali.

***

Dal diario di Eva:

“ Ho iniziato a scrivere queste note su consiglio di Livia, la mia psicologa. Non sono convinta che sia una buona idea, ma in fondo può anche essermi utile.

Mi sono pentita di averla coinvolta in questa ennesima ricerca delle piazze mancanti, in fondo in questo periodo avrebbe altro da fare, ma l’ultimo sogno era davvero troppo inquietante. L’abbiamo commentato insieme ma è stato difficile trarne un significato, anche rifacendosi agli archetipi dell’inconscio collettivo. Così di comune accordo abbiamo deciso di metterci in viaggio. L’ho vista un po’ stanca e quella donna dal buffo accento che l’ha fermata per rovesciarle addosso tutta una serie di sciagure non l’ha aiutata certo a rilassarsi. Ora spero che riposi nella stanza accanto di questo modesto albergo in cui abbiamo deciso di passare la notte, visto che la piazza come sempre era scomparsa.

Il sogno che ci ha portate qui era davvero angosciante: in una stanza illuminata da lampade al neon c’erano strani macchinari e schermi illuminati, non le solite attrezzature che siamo abituati a vedere, che so, in un laboratorio. Un uomo alto dominava la scena, ma non riuscivo a vedere il suo volto, né quello di altre persone presenti. Si sentivano continui ronzii simili a quelli di insetti malevoli. Improvvisamente la scena è cambiata, con la disinvoltura che caratterizza le scene nei sogni e ho visto solo un occhio, grande, immenso con le iridi dilatate. Dall’occhio è uscita una figura incappucciata con un coltello – o forse un bisturi – in mano e ho pensato che volesse uccidermi. Mi sono svegliata di colpo urlando (o pensando solo di urlare?).

A questo punto…”

Eva si accorge che è tardi, l’orologio di un campanile lontano sta battendo le due e sta piovendo a dirotto. Smette di scrivere e appoggia il quaderno sul comodino accanto alla lampada vecchio stile, come vecchi e usurati sono gli arredi dell’albergo. Decide di andare a dormire, sperando in una notte senza sogni. Ma qualcuno bussa alla porta della sua camera.

Un po’ assonnata e un po’ sorpresa, apre la porta e si trova davanti Roxy, con il viso stravolto e i capelli scompigliati, il cappotto aperto e grondante di pioggia e una piccola valigia in mano.

-       Roxy! Cosa ci fai qui? Pensavo che fossi impegnata nel tuo lavoro al giornale…

-       No, avuto uno strano presentimento e così vi ho raggiunte. Sapevo che vi avrei trovate qui, Livia mi aveva detto del vostro viaggio.

-       Sì, ma come hai fatto a trovare l’albergo? Abbiamo deciso di fermarci qui solo all’ultimo momento…

Roxy sembra avere un attimo di perplessità, come se fosse confusa, poi risponde incerta:

-       Non…non ci sono molti alberghi in questo buco di paese, ho visto l’insegna e ho voluto… provare. Il portiere di notte mi ha confermato che vi siete registrate qualche ora fa.

Eva è perplessa, come fa un albergo così modesto ad avere un portiere di notte? Ma abbraccia Roxy, prende il suo cappotto fradicio, lo appende e la fa accomodare sull’unica malconcia poltroncina della camera. Le passa anche un asciugamano per i capelli. Gesti normali, consueti.

Però c’è qualcosa di strano in tutto questo, che sia solo un sogno? Ormai troppo spesso ha la sensazione che sogni e realtà si stiano confondendo misteriosamente.

“Devo avvertire Livia” pensa “qualcosa mi sta sfuggendo”.

Ma è tardi, Livia starà dormendo e quindi rinvia tutto al giorno dopo.

Per fortuna la camera ha due letti, e anche Roxy potrà farsi una dormita, deve essere molto stanca.

Roxy a Melata

Roxy si sveglia confusa, non riesce a capire dove si trovi. Nel dormiveglia ha sentito in modo confuso rumori di cassetti aperti e richiusi, ma non riusciva a realizzare da chi e perché. Lentamente apre gli occhi e si ricorda improvvisamente della sera prima e di essere in una camera di albergo. Ma dov’è Eva? Il letto di fianco è vuoto. La sensazione che qualcosa non vada la colpisce improvvisamente. Pensa “Ma che ci faccio qui? Avrei dovuto essere al giornale, Andrea sarà furiosa.” Scaccia il pensiero con un’alzata di spalle, si rimette i vestiti del giorno prima che ora sono asciutti, anche se un po’ stazzonati, e scende a fare colazione.

Eva è già seduta a un tavolo vicino alla finestra e non le resta che raggiungerla.

-           Buongiorno, Eva, ma Livia?"

-           Ciao Roxy, hai dormito bene?

-           No, non ho dormito per niente. Sono venuta qua in seguendo un impulso e poi ho passato la notte a girarmi nel letto.

-           Mi dispiace. Ieri sera non ti ho nemmeno chiesto cosa ti preoccupa. Poi al cameriere chiederemo se ha visto Livia.

-          Non so, ho come un presentimento strano. Da quando ho iniziato a occuparmi del caso di Vanessa, mi sembra di essere sempre più coinvolta in qualcosa di pericoloso.

-        Sì, ho sentito qualcosa di Vanessa, è quella ragazza che ha tentato il suicidio, vero? Che tristezza.

-         Da quello che ho raccolto finora, mi pare che molte cose non quadrino. Ho paura che la situazione sia più complessa di quello che sembra, non so come spiegartelo. Eppure ormai dovrei avere una certa esperienza, non è la prima volta che affronto un caso simile…

Le interrompe il concierge che ora serve anche ai tavoli. Cioè al tavolo, perché nella stanzetta della colazione ci sono soltanto loro, constata Roxy, e anche questo le pare strano.

-          Mi scusi, ha visto per caso la signora che è venuta con me ieri sera? -  gli chiede Eva.

-          Deve essere uscita presto stamattina, la sua chiave è appesa al quadro. No, non l’ho vista.

Una volta uscito l’ometto con il vassoio delle tazze, Eva riprende il discorso:

-          Scusa, ma non ti stai occupando della rubrica “Come eravamo”? – chiede Eva, sorseggiando il suo caffè.

-         -Eh, faccio anche quello, da  quando sono qui, Andrea, la direttora, mi carica di tutto. – Roxy ha un tono annoiato, ma Eva coglie anche una punta di orgoglio - Perché, è un giornale di provincia, non sono in tanti, e lei ora non vuole che indaghi solo Eleonora, la cronista di nera, anche se è bravina. Figurati se quella stronza di Andrea …  una vecchia amica d’università, che cerco di convertire alla causa delle donne ... si fida a lasciarla fare da sola … Ha fiutato il grosso caso e mi ha fatto spedire qui dal mio direttore … piuttosto, mi sembrava che in camera stessi cercando qualcosa, ho sentito dei rumori mentre mi stavo svegliando.

-         - Sì, cercavo il mio diario, ero convinta di averlo appoggiato sul comodino ma non c’è più e non sono riuscita a trovarlo da nessuna parte. Strano, qui scompaiono molte cose, oltre alle piazze. Tra l’altro - Eva a questo punto ha un’espressione confusa e perplessa – uhm, non mi ricordo cosa avevo scritto ieri sera…”

-         - Ma dai! Non so che dirti, in effetti anch’io ho una brutta sensazione. Comunque ora devo andare, pensavo di raccogliere qualche informazione da Livia, ma visto che non c’è, penso che andrò a cercarla a scuola, dovrebbe essere lì a quest’ora. Tu cosa fai?”

-        -  Dato che mi sono presa un anno sabbatico per scrivere, mi farò un giro in questo paese, vedrò se mi viene qualche nuova idea per il mio romanzo, per ora sono bloccata.”

   -  Ahahah, Paura del foglio bianco, eh? Ne so qualcosa anch’io - dice Roxy ridendo finalmente e sentendosi un po’ meno angosciata. Ma quando le due amiche escono dall’albergo, si trovano di fronte una grande piazza, con una fontana proprio al centro.

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-         - Oh! Scusami Roxy, ho lasciato qualcosa in camera. Ci vediamo dopo.

Tre donne con i loro problemi

Lasciando un’esterrefatta Roxy davanti alla piazza, Eva si precipita in camera e telefona immediatamente a Livia, sperando che non sia troppo impegnata e che risponda subito:

- Livia, devo parlarti al più presto, qui a Melata stanno succedendo cose incredibili!

Livia è colpita dal tono eccitato della sua vecchia amica di Università, che di solito non si stupisce facilmente, visto il genere di romanzi che scrive:

- Calmati, Eva, cosa può essere successo peggio di quello che sto scoprendo sul caso di Vanessa? Te ne ho parlato, vero?

- Sì, certo, me ne ha accennato anche Roxy…a proposito, è venuta improvvisamente a trovarmi qui in albergo molto ansiosa, anche lei ha una brutta sensazione. Insomma, come posso dirtelo senza sembrare fuori di testa? Beh, te lo dico direttamente: qui davanti ora c’è una grande piazza con una fontana al centro.

- Ma come? Ne sei sicura? Ti ricordi che ieri sera, quando siamo arrivate, l’entrata dell’albergo era un vicolo… Comunque scusami, ora sono in riunione con Laura, una consulente che ha una sua strategia per aiutare quella povera ragazza, poi insieme andremo ad incontrare il direttore del giornale di Melata. Ci vediamo dopo e mi mostri questa “piazza”, ok?

Eva si rende conto di non essere stata presa sul serio, saluta Livia e scende in fretta per fotografare la piazza con il suo cellulare e chiedere conferma a Roxy di quello che hanno appena visto, ma Roxy non c’è e si trova davanti all’entrata il solito vicolo, proprio come aveva detto Livia.
A questo punto, temendo di avere avuto un’allucinazione, decide  di scrivere qualche appunto su Melata per il suo romanzo e, già che deve fare ricerche sul web, di approfondire anche la storia di Vanessa. Sicuramente troverà articoli che ne parlano sul quotidiano locale. Anzi, perché non raggiungere lì Livia e Roxy?

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***

Vanessa si è chiusa nella sua cameretta appendendo fuori dalla porta il solito cartello “Non entrate, sto studiando”, ma non ha aperto un libro o scritto una riga. Cerca di mantenere la calma concentrandosi sulla respirazione come le ha insegnante Livia, deve riflettere su come uscire dal tunnel oscuro che si vede continuamente davanti. Il pensiero del colloquio che ha avuto con Livia la ossessiona: da un lato pensa di avere trovato finalmente un’ancora di salvezza, qualcuno che finalmente riesce a capirla e che possa davvero aiutarla, ma dall’altro ha paura di averle rivelato troppo, e non sa se la psicologa le abbia creduto. Quello che ha vissuto è difficile da credere persino per lei stessa. Ha provato a fuggire nel modo più estremo, ma non è servito a niente. Si rende conto che è stato solo uno stupido tentativo di chiedere aiuto, non voleva veramente farla finita, perché, come le ripeteva spesso la sua insegnante, Consuelo (che ora deve essere molto in pena per lei, pensa, e il senso di colpa la coglie all’improvviso come una stilettata): “Se esiste un problema, c’è anche una soluzione, altrimenti non è un problema”.

A questo punto decide di consultare l’I Ching, che ha scoperto da poco ma che le ha dato sempre indicazioni su come comportarsi nelle situazioni di stress. Tranne l’ultima volta, quella in cui l’ha ignorato e… Non vuole pensarci adesso, si rende conto che è stato un altro momento in cui ha vinto la depressione, e lei non vuole assolutamente rientrare in quella spirale, non ora che forse qualcuno che può aiutarla l’ha incontrato.

Prende il libro, lo apre delicatamente e lancia per sei volte le monete. Osserva l’esagramma che ha ottenuto e le sembra positivo: La Preponderanza del grande. Il grande è eccessivo. «La trave maestra s’incurva», perché le due linee estreme sono deboli e c'è eccessiva forza nel mezzo (quattro linee dure, due delle quali centrali). Il Mite e il "gioioso" sono attivi. «Propizio quando c'è un luogo in cui andare; riuscita».

E’ molto colpita soprattutto dalla terza linea, “la trave maestra s’incurva”. Non può farcela da sola a sostenere il peso di quello che ha visto, è ora di accettare un aiuto. Deve fidarsi di Livia.

***

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Andrea sta fumando nel suo ufficio, sa che è vietato ma non le interessa, in fondo un direttore deve pure avere dei privilegi, no? E poi è nervosa per l’incontro che le hanno chiesto Livia e l’altra consulente, come si chiama? Ah, Laura, ecco, Laura. L’idea di incontrare delle donne insieme le dà sempre molto fastidio, ma per avere qualche dritta in più sul caso di quella stupida ragazza che ha avuto la brillante idea di tentare il suicidio ne vale la pena. In fondo il giornale si regge soprattutto sui fatti di cronaca nera, la gente è ansiosa di sapere tutti i dettagli e di fare congetture. Deve anche mettersi d’accordo con Roxy su come condurre l’incontro, sperando che non tiri fuori le sue solite lagne sulla condizione femminile e sulle donne maltrattate. Come quella che si è fatta incastrare dal bellone conosciuto al liceo, come si chiama? Eva? No, Evelin, qualcosa del genere. Mentre sta spegnendo la sigaretta nel portacenere già colmo, entra Roxy.

- Alla buonora! Avresti dovuto essere qui già da mezz’ora, Roxy. Non si usa essere puntuali a Milano?

- A parte che io come sai non sono di Milano, ho avuto un imprevisto, e comunque adesso sono qua. Dimmi tutto.

-Dobbiamo decidere cosa dire a quelle due che hanno chiesto di incontrarci. Cerchiamo di farle parlare il più possibile, siamo a corto di elementi sul caso della ragazza aspirante suicida…

Roxi è lievemente irritata dall’atteggiamento cinico di Andrea, ma ormai c’è abituata. In fondo si conoscono da anni, e pur avendo una visione molto diversa della vita e delle cose hanno sempre trovato punti di accordo sul lavoro.

- Hai detto bene, cerchiamo di lasciar parlare loro e, a proposito, la ragazza ha un nome: Vanessa.

- Sì, ok, Vanessa, un altro caso umano di cui dobbiamo occuparci. Io lascerei condurre a te la conversazione, sei molto più, come si dice? Empatica di me, io credo che al primo accenno ai problemi psicologici delle “povera” fanciulla indifesa le manderei volentieri affanculo.

Roxy ridacchia tra sé e sé ma stavolta tace. Non c’è tempo per controbattere, la riunione sta per iniziare. Ma prima o poi un discorsetto ad Andrea deve farlo, parola di scout. Anzi, di coccinella.

Eva trova l'ispirazione

E’ l’alba. Gli abitanti di Melata, che dormono ignari, non si accorgono che il paese si sta modificando. Le piazze che scompaiono e riappaiono smettono di oscillare e trovano una propria stabilità. Le fontane miracolose e le acque termali riprendono il loro flusso naturale, emettendo suoni rilassanti e creando un'atmosfera di tranquillità. Le case riacquistano la loro solida struttura. I colori si intensificano, riportando vivacità al paesaggio. Gli alberi e i fiori iniziano a sbocciare, creando un giardino incantevole che si estende in ogni angolo di Melata. Il paese si rivela per ciò che è sempre stato: un luogo suggestivo, ma solidamente ancorato alla realtà.

Verso le otto del mattino Eva, Livia e Roxy si sono finalmente riunite a tavola in albergo, dove una simpatica cameriera ha servito una colazione anche troppo abbondante.

- Uhm, ottima questa marmellata” dice Eva spalmandola con cura su una fetta di pane casereccio “avete dormito bene stanotte?”

 -Meglio del solito” risponde Livia, che sembra molto più serena, ora che ha capito che Vanessa ha deciso finalmente di fidarsi di lei e di cercare di uscire dal tunnel della depressione causata dalla paura del futuro, che le aveva provocato inquietanti visioni.

- Io veramente ho fatto un altro sogno molto strano - replica Eva  - ero in un mondo gelido, nevicava sempre e un uomo orribile mi stava minacciando … avevo una sensazione di totale estraneità, come se fossi un’altra persona, più giovane di me e c’erano anche macchinari ronzanti e maligni robot…”

- Eddai, Eva, ti fai condizionare dal desiderio di trovare elementi per il tuo romanzo, mi pare evidente” le risponde sorridendo Livia.

- A proposito, ho ritrovato il mio diario, era dove l’avevo appoggiato due giorni fa, sul comodino.

- Benissimo, puoi cercare di scrivere anche di questo sogno, almeno per quello che ti ricordi.

- Puoi contarci, Livia, il tuo suggerimento di tenere un diario mi è stato molto utile, anche se all’inizio avevo delle perplessità. Roxy, come mai sei così silenziosa stamattina? Mi sembri un po’ assente.

- Stavo pensando a quello che mi ha detto Vanessa quando l’ho intervistata. Deve avermi detto qualcosa di estremamente importante che riguarda il futuro di tutti noi, ma non riesco a ricordare cosa, e non ritrovo i miei appunti…

- Lasciamo in pace Vanessa, diamole il tempo di riprendersi, sarà un percorso molto lungo. E, per favore, non pubblicare niente su di lei. Quanto al futuro, possiamo solo sperare che sia meglio del presente. Piuttosto, Laura ci ha chiesto di incontrarci in piazza a mezzogiorno per un aperitivo. Che ne dite?

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***

Eva è tornata a casa dopo la visita a Melata, che l’ha un po’ delusa perché le piazze non erano per niente scomparse, ma crede di avere finalmente trovato l’ispirazione per mettersi a scrivere seriamente. Si prepara un caffè, apre il suo portatile e inizia a digitare velocemente sulla tastiera: la sindrome del foglio bianco è stata superata:

Dalla finestra del suo studio al decimo piano della clinica osserva il paesaggio freddo e innevato, illuminato solo a tratti dalla luce dei lampioni a led avvolti da una leggera nebbia. In lontananza sta passando silenzioso il rapido monorotaia delle 19.30. Alcune motoslitte scivolano sul ghiaccio che riveste la strada. Uno dei lampioni è spento, forse è stato preso a sassate durante l’ultima sommossa, per fortuna sedata immediatamente dall’Europolice. Quel pensiero lo fa sorridere tra sé e sé, ma il suo volto rimane impassibile. Torna alla scrivania, raccoglie alcuni documenti elettronici sparsi e si decide a scendere nel sotterraneo per il solito controllo, ma senza fretta. L’esperimento sta funzionando.

Sorride, le sembra un buon incipit.

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Vent'anni dopo

Eva si sta preparando per la presentazione ufficiale del suo ultimo libro. E’ sempre un po’ tesa in queste occasioni, deve scegliere l’abbigliamento adatto e soprattutto predisporsi ad affrontare le critiche senza farsi prendere dall’emotività, che può giocarle brutti scherzi, com’è avvenuto quando ha parlato del suo primo romanzo. Il confronto con il pubblico per lei non è mai semplice, e fa affiorare una timidezza che ha lottato con fatica per superare. E’nel suo studio, circondata dai suoi libri e da alcuni riconoscimenti ottenuti in passato. Ripensa proprio al suo esordio, e questo la porta a ricordarsi di Melata. Molte altre occasioni ci sono state per incontrare nuovamente Livia, che prosegue con immutato slancio la sua attività a sostegno dei giovani in difficoltà, e Roxy, che è entrata nel club delle piazze scomparse e ora si occupa soprattutto dei problemi legati al cambiamento climatico.

Con un sorriso malinconico pensa: "Vent'anni... sembra ieri, eppure una vita intera è passata. Quell’avventura mi ha cambiato, mi ha spinto a esplorare mondi fantastici e a raccontare storie che possano far riflettere. Mi ha insegnato che i confini tra realtà e immaginazione possono essere più sottili di quanto pensiamo. Sono contenta di ogni parola scritta, di ogni emozione condivisa con i lettori. Ma la verità è che una parte di me è rimasta intrappolato a Melata, una parte che mi spinge ancora cercare l'essenza della vita e a continuare a scrivere..."

Ma è tardi, non può lasciarsi andare ai ricordi. Prende la borsa e il cappotto, esce da casa e sale in auto. Come sempre il traffico è intenso anche di sera nella grande città in cui vive.

***

E’ andata. La presentazione può ritenersi abbastanza riuscita, ha letto alcuni brani del suo libro e non ci sono state troppe interruzioni. Ora può rilassarsi e firmare le copie che gli intervenuti le stanno portando. A un certo punto una giovane donna vistosamente incinta è arrivata davanti al suo tavolo e la guarda intensamente.

- Che cosa devo scriverti? -  Le chiede, come fa con tutti.

- A Vanessa, con affetto.

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Eva la guarda perplessa e dopo qualche istante riconosce il viso che aveva visto solo nelle foto pubblicate dal quotidiano locale di Melata, un viso molto più adulto e con una nuova consapevolezza negli occhi.

- Vanessa... Non posso crederci! Sono felice di vederti. Proprio qualche ora fa stavo ripensando a Melata, che coincidenza!

- Eva, ho letto tutti i tuoi libri. Mi hanno ispirato a seguire la mia passione per la scrittura. E, sai, quello che ho vissuto a Melata ha avuto un impatto enorme sulla mia creatività. Ho cercato di dare un significato a tutta quella vicenda. E no, non credo alle coincidenze" le risponde Vanessa con una punta d’ironia.

- Adesso non posso parlarti, ma aspettami. Appena finisco qui, ti raggiungo e mi racconti di te, ok?

Poco dopo le due donne sono sedute a un tavolo del bar del Megastore in cui si è tenuta la presentazione, e condividono le loro esperienze e riflessioni su Melata e sulle storie che hanno scritto. Eva incoraggia Vanessa a esplorare la profondità della sua immaginazione e a dare vita alle emozioni che ancora porta dentro.

- Vanessa, ti vedo davvero come una fonte di speranza. Hai affrontato l'oscurità e hai trovato la forza di andare avanti. Sono orgogliosa di te. Ma dimmi, adesso di cosa ti occupi?

- Grazie, Eva. Ora insegno nella scuola di Melata, ma voglio continuare a scrivere storie che possano toccare il cuore delle persone, proprio come hai fatto tu.

- A dire il vero, il mio primo romanzo non ha avuto un grande successo, ma è stato pur sempre un inizio. Tu hai già pubblicato qualcosa?

- Ehm, veramente no, ho proposto il mio lavoro a diversi editori e sto aspettando una risposta...

- Forse potrei offrirti un incentivo: che ne diresti se ti facessi la prefazione? Prima dovrei leggerlo però…

Si mettono a ridere entrambe, ed entrambe pensano che sia una giusta conclusione per quanto accaduto tanto tempo prima.

***

In una lontanissima Galassia, nella sua biblioteca persa nel tempo e nello spazio, mentre il sole tramonta sul Faro dello Scorpione, o forse tra le sinuose volute della Torre di Babele, o forse tra le antiche mura delle torri costiere, o forse sulle rovine degli ziqqurat, o forse sulle specchiate pareti dei grattacieli più arditi, Ana Bor, la scriba, chiude finalmente il libro e sorride.