Laura, la Psicoterapeuta

Strategie per ricucire le ferite dell’anima

Laura è una professionista attenta e sensibile, con una spiccata capacità di ascolto e analisi. Viene coinvolta nel caso Vanessa per portare il suo contributo come esperta, ma anche come persona profondamente coinvolta nelle dinamiche umane e relazionali.

🔹 Empatica e riflessiva – Non si limita a valutare il problema clinico, ma coglie le sfumature emotive di chi le sta intorno, cercando di comprendere le radici del dolore.

🔹 Pragmatica e orientata alla soluzione – Non si ferma alla ricerca delle cause, ma propone strategie concrete per aiutare tutti gli attori coinvolti: Vanessa, gli insegnanti, i genitori e la comunità scolastica.

🔹 Sensibile ai contesti sociali – Sa che la sofferenza individuale è spesso il riflesso di dinamiche collettive, e per questo sceglie di affrontare il caso anche in spazi aperti e condivisi, come la piazza, per favorire il dialogo.

🔹 Determinata ma non dogmatica – Propone il modello della Terapia Strategica Breve, convinta che sia necessario un intervento immediato e mirato, ma lascia spazio alla riflessione e alla condivisione.

Laura, quindi, non è solo una consulente esterna, ma diventa un punto di riferimento per chi, come Livia, si sente in colpa o impotente. Il suo obiettivo non è solo capire il perché, ma trovare una via per ricucire le ferite dell’anima e dare speranza a chi ne ha bisogno.

Prologo, Il Caso Vanessa a Melata

Il silenzio spezzato

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Melata era sempre stato un paese tranquillo, un piccolo centro dove la vita scorreva con la prevedibilità di un fiume lento. La scuola dell’Istituto Comprensivo era il cuore della comunità: generazioni di studenti vi avevano trascorso gli anni più importanti della loro crescita, intrecciando sogni, amicizie e speranze per il futuro. Nulla sembrava poter scuotere quell’equilibrio consolidato.

Ma un giorno, il silenzio fu spezzato.

Una mattina come tante, tra il suono della campanella e il vociare nei corridoi, un evento tragico cambiò tutto: una ragazza tentò il suicidio all’interno della scuola. Il suo corpo riverso, il panico dei compagni, il terrore negli occhi degli insegnanti e il suono delle sirene che squarciavano la quiete del paese rimasero impressi nella memoria collettiva. Il nome di Vanessa divenne un sussurro carico di paura, un'eco di domande senza risposta.

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Dietro quel gesto, tuttavia, c’era un dolore silenzioso, stratificato nel tempo. Nessuno sapeva davvero quanto fosse profondo il vuoto che Vanessa portava dentro di sé. A scuola appariva spesso distante, assorta in pensieri che sembravano trascinarla altrove, in un mondo interiore fatto di assenze e silenzi. Qualcuno diceva che fosse solo timida, altri la definivano "riservata". Ma la verità era più complessa.

Il vuoto di Vanessa

Quel vuoto aveva radici lontane, dentro le mura della sua casa. La sua famiglia era sempre stata vista dall’esterno come rispettabile e irreprensibile: il padre, un uomo severo e metodico, lavorava come funzionario comunale; la madre, una donna silenziosa e impeccabile, si dedicava alla casa e alla cura dei figli con la stessa disciplina con cui si gestisce un orologio. Ma dietro quell’apparente normalità, si nascondeva un gelo che aveva avvolto Vanessa fin da piccola.

Il padre aveva sempre imposto regole ferree, convinto che la disciplina fosse la chiave del successo. Non c’erano abbracci né parole di conforto, solo aspettative da soddisfare e risultati da raggiungere. Gli errori non erano tollerati, i fallimenti non venivano compresi. "Nella vita nessuno ti regala niente", ripeteva spesso, come se la durezza potesse sostituire l’amore.

La madre, pur essendo più dolce, era prigioniera della sua stessa insicurezza. Non osava contraddire il marito e, nel tempo, aveva imparato a sottrarsi ai conflitti, rifugiandosi in un silenzio rassegnato. Vanessa cresceva osservando quella dinamica e imparando, a sua volta, a nascondersi. Non parlava mai dei suoi problemi perché sapeva che nessuno l’avrebbe ascoltata davvero. Se tornava da scuola con il cuore pesante, trovava solo una casa in cui regnava la freddezza delle parole non dette.

Col tempo, la ragazza aveva sviluppato una sorta di invisibilità volontaria: meno parlava, meno deludeva; meno chiedeva, meno riceveva rifiuti. Ma dentro di lei, il bisogno di affetto, di comprensione e di un luogo sicuro dove sentirsi accolta cresceva come un grido soffocato.

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Le sfide della crescita

L’adolescenza rese quel dolore ancora più pesante. A scuola, il confronto con gli altri coetanei la faceva sentire sempre fuori posto. Le relazioni sociali erano un enigma, e ogni parola, ogni gesto, ogni interazione sembrava un ostacolo insormontabile. Si sentiva inadeguata, incapace di affrontare la vita con la stessa leggerezza degli altri.

E poi c’erano le responsabilità. Il padre pretendeva che eccellesse in tutto: ottimi voti, disciplina, rigore. Ogni insuccesso era accolto con fredde critiche, ogni segnale di fragilità veniva interpretato come debolezza. La madre, pur intuendo il disagio della figlia, non riusciva a difenderla. "Devi essere forte", le diceva a bassa voce, ma Vanessa si chiedeva come si potesse essere forti quando ci si sentiva così soli.

Così iniziò a chiudersi sempre di più, a rifugiarsi nei suoi pensieri. Passava ore nella sua stanza, sdraiata sul letto, fissando il soffitto con la mente in bilico tra la realtà e il vuoto. A volte si chiedeva se qualcuno si sarebbe accorto della sua assenza, se la sua esistenza avesse davvero un peso per qualcuno.

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Il giorno del silenzio spezzato

Poi arrivò quel giorno.

Forse fu una goccia di troppo nel vaso già colmo. Forse una parola di troppo, un’umiliazione scolastica, un rimprovero, o forse il semplice accumularsi di tutte le piccole ferite che, insieme, diventano insopportabili. Quel giorno Vanessa sentì che non poteva più reggere il peso di tutto quel silenzio.

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Quando fu ritrovata in quell’aula, priva di sensi, la scuola si fermò. I volti degli insegnanti impallidirono, i compagni rimasero senza fiato. L’ambulanza arrivò in fretta, ma nessuno dimenticò mai quel momento.

Melata non era più la stessa. 

Il caso di Vanessa aveva sollevato interrogativi profondi e scosso le fondamenta della comunità scolastica. Il corpo docente si trovò di fronte a un bivio: voltarsi dall’altra parte e sperare che il tempo cancellasse l’accaduto, oppure affrontare il problema con coraggio, cercando di trasformare il dolore in un’occasione di cambiamento.

Questa storia racconta il percorso che ne è seguito. Il viaggio di una scuola e di un paese che, di fronte alla sofferenza di una sua giovane cittadina, ha scelto di non rimanere inerte. È la storia di insegnanti che hanno dovuto interrogarsi sul proprio ruolo, di studenti che hanno imparato a riconoscere il valore della solidarietà e di genitori costretti a guardare con nuovi occhi le fragilità dei propri figli.

Il caso Vanessa ha segnato un prima e un dopo nella vita di Melata. Questo libro raccoglie le esperienze di chi ha vissuto quel momento drammatico e di chi ha lavorato per trasformarlo in un’opportunità di crescita.

Perché il dolore non si cancella. Ma può insegnare.

Melata: Un Legame oltre il Mistero

Le donne che ruotano nella storia. Amicizie e misteri intrecciati nel Caso Vanessa

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Nel cuore pulsante di Melata, un piccolo borgo avvolto da segreti e ombre del passato, un gruppo di donne straordinarie si riunisce per affrontare il Caso Vanessa. Vanessa, un’adolescente preda della sua profonda depressione, aveva da tempo abbandonato la speranza, trascinando con sé il peso di un'oscurità che sembrava insuperabile. La sua sofferenza era nota a tutti, ma pochi conoscevano davvero il dramma che si celava dietro il suo sorriso spento e il suo sguardo lontano. La sorpresa delle piazze mancanti, quasi svanite come se fossero sogni, alimenta il loro senso di inquietudine e il bisogno di risposte.

Tra sguardi assorti e riflessioni tinte da un sottile velo di malinconia, le conversazioni delle donne a Melata portano alla luce non solo frammenti di verità sul misterioso caso, ma anche il vissuto di Vanessa, tessendo un arazzo di storie e sentimenti che si intrecciano con le loro stesse vite. Ogni incontro diventa un'occasione per scavare nei propri cuori e competenze, dove l’incontro si intreccia al desiderio di scoprire l'inaspettato, e il sostegno reciproco si fa sempre più forte.

Il ruolo delle istituzioni e della scuola è ben presente: gli insegnanti dell'istituto comprensivo locale, consapevoli della fragilità di Vanessa, si adoperano per creare un ambiente accogliente, dimostrando che l'educazione non si limita alle aule, ma si estende al benessere emotivo e sociale di ogni studente. Le piazze mancanti, un simbolo enigmatico su cui hanno riflettuto le donne e che ha scosso il borgo, diventano anche il fulcro del dibattito pubblico. Le autorità locali e l'opinione pubblica si interrogano su come restituire vita e significato agli spazi vuoti, un'azione che rispecchia il desiderio collettivo di aiutare Vanessa e tutti gli abitanti, giovani e vecchi, a ritrovare il proprio posto nel mondo.

Melata è un luogo dove nulla è come sembra, e quelle donne, supportate dalla comunità e dalle istituzioni, stanno per scoprire che, a volte, il vero enigma non è ciò che manca, ma ciò che si trova. Nel loro viaggio collettivo, non sono solo le risposte a emergere, ma anche una nuova consapevolezza: la straordinaria capacità dell'essere umano di guarire e trovare forza nel legame con gli altri. Melata diventa così il teatro non solo di un enigma, ma anche di una rinascita che tocca il cuore di tutti.

ROSA, l’insegnante

Rosa la maestra, in particolare aveva provato una profonda inquietudine e un senso di impotenza davanti a ciò che era accaduto a Vanessa, trovandosi a riflettere su come proteggere e comprendere meglio i suoi studenti in un contesto così delicato. L'empatia e la preoccupazione per il loro benessere devono aver segnato il suo cuore in modo indelebile.

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EVELINA, la sua storia di donna che incontra la violenza

Evelina si sentiva sopraffatta dal tumulto dei suoi ricordi, che riaffioravano come ondate impetuose, e dalla voce incessante della sua narrazione interiore, che sembrava amplificare ogni emozione vissuta. L'evento che aveva appena affrontato aveva avuto un forte impatto su di lei, lasciandola con una sensazione di vulnerabilità ma, al tempo stesso, con un profondo desiderio di riflettere. Questo momento di crisi, infatti, si era rivelato per lei un'opportunità preziosa: l'aveva spinta a sviluppare una nuova consapevolezza di sé, permettendole di comprendere meglio le sue emozioni e i meccanismi che guidavano i suoi pensieri. Con questa nuova chiarezza, Evelina aveva iniziato a considerare delle strategie pratiche per affrontare con maggiore forza e determinazione le sfide della vita quotidiana.

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EVA, la scrittrice

Le introspezioni profonde e a tratti labirintiche di Eva continuavano a dominare i suoi pensieri. Al centro di tutto, c’era il Caso Vanessa, una questione avvolta da mistero e riflessioni complesse. La sorpresa di scoprire piazze che sembravano essersi dissolte, come se fossero solo ricordi evanescenti, aggiungeva un ulteriore strato di inquietudine. Eppure, tra incontri a Melata con le sue amiche, dove il Caso Vanessa veniva discusso in lungo e in largo, Eva aveva ritrovato qualcosa di prezioso: quella scintilla creativa, quella "vena" della scrittura che credeva di aver perduto.

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ANDREA, la giornalista

Andrea, determinata giornalista e direttrice di La Cronaca del Giorno, il giornale locale di Melata, è una figura centrale nella piccola comunità del borgo. Con uno sguardo attento e un innato senso critico, Andrea si dedica instancabilmente a portare alla luce le storie che contano, cercando di andare oltre la superficie degli eventi. Il caso Vanessa, che ha catturato l’attenzione sia dei media cartacei che digitali, diventa presto anche il fulcro del suo lavoro. Andrea si immerge nelle intricanti vicende che hanno scosso Melata, cercando di chiarirne i contorni. Tra ipotesi fantasiose, pettegolezzi locali e indagini giornalistiche, si impegna a ricostruire una verità complessa che coinvolge l'intera comunità e perfino oltre i confini del borgo. Andrea spera anche di vedere crescere il giornale, attrarre lettori e aumentare le vendite.

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Una fragilità che chiede ascolto: un cammino condiviso

Cercare strategie per ricucire le ferite dell’anima

LAURA E LIVIA

Una fragilità che chiede ascolto_ un cammino condiviso. In primo piano 6 donne in una piazza di paese con fontana .png

Laura avrebbe voluto essere l’arbitro delle vite turbate e dei conflitti irrisolti. Tutti sapevano che, forse, sarebbe riuscita a dare una mano. Il caso Vanessa era un evento così tragico e intenso da scuotere profondamente le coscienze. Generava sensi di colpa difficili da scrollarsi di dosso. D’altronde, c’era stato un precedente: un tentativo di suicidio alla scuola primaria.

Rimanere mentalmente chiusi in spazi angusti, strade senza sbocchi e stanze prive di aperture impediva di trovare risposte. Forse Vanessa non aveva avuto la libertà di Roxy, né la comprensione di genitori e adulti attenti ai suoi turbamenti. I genitori di Roxy, di fronte a un problema analogo, avevano scelto una rottura netta con l’ambiente circostante. Meglio un cambiamento radicale che una resistenza sterile. Anche se, forse, l’ufficio postale non era il massimo delle opportunità per una bambina, era stato comunque un nuovo inizio.

Laura pensava che sarebbe stato meglio incontrare Livia, Eva, Roxy e Consuelo in uno spazio ampio, animato da passaggi e presenze. Prese il cellulare e le chiamò tutte per un appuntamento al Bar Centrale in Piazza Largo Petrarca. Faceva freddo, ma c’erano le stufe ai tavolini.

Ritrovarsi in un luogo pubblico toglieva un po’ di intimità fisica, ma rendeva più semplice parlarsi trattenendo le lacrime. Permetteva di tenere a bada le emozioni, di analizzare i fatti prima di lasciarsi sopraffare dalle sensazioni. Il caso Vanessa non riguardava solo lei: coinvolgeva attori, spettatori, genitori, insegnanti e ambienti che parlavano, stratificati di esperienze passate. I messaggi e le domande arrivavano da più fonti e affondavano le loro radici in qualcosa di profondo.

L’incontro avrebbe forse portato più incertezze che certezze, ma avrebbe dato sostanza alla relazione tra queste donne sospese tra mille domande.

Laura, in auto con l’uomo che la conduceva laddove il desiderio o la necessità la portava, pensò di chiamare prima Livia. Intanto, alla radio, Massimo Recalcati parlava del suo ultimo libro La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia. Non che il lutto avesse a che fare direttamente con il caso Vanessa, ma in qualche modo il discorso evocava pensieri sulle perdite costanti nelle nostre vite: identità negate, certezze svanite, abbandoni che non necessariamente implicano la morte di qualcuno.

Vanessa aveva rischiato di nuovo. Il suo gesto richiamava vuoti, memorie tristi e una disperata richiesta di ascolto. La fragilità esistenziale si affronta razionalizzando o cercando sostegno, e i vicini d’affetto avrebbero dovuto rispondere.

Arrivati in Piazza della Sorgente, a Melissa, Laura e il suo accompagnatore si fermarono all’Antica Osteria per comprare il pane. Non c’era più bisogno di chiamare Livia: era lì, alla fermata dell’autobus.

Laura scese dall’auto bianca, ancora bagnata dalla pioggia. Vide Livia assorta nei suoi pensieri.

“Liviaaa… proprio qui mentre ti pensavo!”

“Oh, Laura cara. Ero ferma per l’autobus, ma non sapevo se aspettare o prenderne uno successivo. A dire il vero, mi ero portata questa bottiglietta vuota… forse per riempirla con l’acqua miracolosa della fontana.”

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Quella fontana era famosa per le sue proprietà terapeutiche, sia fisiche che morali. Si diceva che la sorgente fosse protetta da oscure e divine creature, preservando intatta la sua spiritualità. Livia e Laura si avvicinarono, mentre l’uomo si dileguava nella libreria Feltrinelli all’angolo.

La fontana, addossata alla parete del monte, aveva un’architettura antica: bordi di pietra marmorea, un corno di rame da cui sgorgava l’acqua limpida. Ombreggiata da piante di alloro, sembrava un luogo sospeso nel tempo. Le due donne si sedettero sul bordo della vasca e cominciarono a parlare.

“Livia, volevo saperne di più di Vanessa. Mi avete coinvolta come psicoterapeuta. Ho saputo qualcosa dalla bidella Consuelo quando sono venuta nella vostra scuola per organizzare un corso sulla Mindfulness. Mi ha detto che Vanessa era taciturna e isolata, che era arrivata da un’altra scuola… ma non ho avuto altre informazioni.”

Livia sospirò. “Vero, veniva da un’altra scuola perché vittima di un pesante mobbing, mai riconosciuto. La sua maestra… meglio se avesse venduto verdure al mercato! – diceva che Vanessa mentiva sulle angherie subite. Aveva ottimi risultati scolastici, ma la maestra le aveva dato sette in condotta. Non perché fosse rumorosa, ma perché disturbava l’ordine con la sua sofferenza. La madre decise di farle cambiare scuola, sperando in una rinascita. Il padre acconsentì, ma sosteneva che Vanessa non avesse alcun problema.”

Livia abbassò lo sguardo. “Io ho cercato di starle vicina. Quando è arrivata, mi diceva che era meglio subire angherie piuttosto che cambiare compagni e insegnanti. Poi sembrava riprendersi: la coinvolgevo nelle attività di gruppo, le davo ruoli gratificanti. Volevo che la classe fosse un luogo inclusivo. Ma evidentemente qualcosa non ha funzionato… perché ha tentato di nuovo.”

Il colloquio fu sofferto. Livia si sentiva in colpa. Forse avrebbe dovuto fare di più. Forse avrebbe dovuto parlare ai genitori, ma anche loro avevano i loro problemi: un padre instabile, una madre sempre affaccendata. Ora, però, non c’erano più scuse. Bisognava parlare con loro e stabilire un percorso.

Laura la guardò intensamente. “Livia, dobbiamo aiutare tutti a uscire da questi circoli viziosi. Cercare il perché va bene fino a un certo punto, ma ora servono strategie concrete. Dobbiamo alleviare i sensi di colpa e dare indicazioni chiare a tutti.”

“Cosa proponi?”

“Potremmo seguire il modello della Terapia Strategica Breve. Ne parleremo domani al nostro incontro.”

Livia annuì. Sarebbe stato un primo passo.

Nel frattempo, il marito di Laura la raggiungeva per tornare a casa. Le due si abbracciarono, sapendo che l’indomani si sarebbero ritrovate al Bar Centrale in Piazza Largo Petrarca, pronte a cercare insieme una via d’uscita.

Dal buio alla luce: strategie per sostenere Vanessa

Dalla piazza reale a quella virtuale

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La sera stessa, Livia decise di chiamare i genitori di Vanessa per fissare un incontro. Non era sicura di cosa avrebbe detto loro, ma sapeva che era fondamentale trovare un modo per aiutare la ragazza. Dopo aver parlato con i genitori, si sentì un po' più sollevata, ma era consapevole che il lavoro da fare era ancora tanto. I genitori, tuttavia, non si sentivano responsabili dell'accaduto e insistevano sul fatto che la causa fosse il carattere introverso di Vanessa. Si difendevano affermando di averle dato piena libertà, di averla sempre lasciata gestire da sola, facendole regali e comprandole vestiti di qualità.

Livia decise di approfondire la proposta di Laura sulla Terapia Strategica Breve e di capire come applicarla al caso di Vanessa. Nel frattempo, si preparò mentalmente per l'incontro con le altre donne al Bar Centrale. Era curiosa di ascoltare le loro opinioni e di capire come avrebbero potuto aiutare Vanessa e la sua famiglia. Sapeva che non sarebbe stato semplice, ma era determinata a fare tutto il possibile per offrire alla ragazza una prospettiva migliore.

Tuttavia, si rivelò difficile concordare un incontro al Bar Centrale in Piazza Largo Petrarca di Melata. Laura, quindi, suggerì di riunirsi nel consueto luogo virtuale di tante progettazioni: Craft, nei Mondi Virtuali. In Craft ci si sentiva meno esposti agli sguardi curiosi della gente del paese, profondamente turbata dalla notizia e dall'inchiesta in corso sul caso Vanessa.

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Su iniziativa di Laura, l'incontro venne fissato per le 22:00. Fu un momento di confronto, seppur informale, per delineare le strategie di intervento. Parteciparono Laura, Livia, Roxi, Consuelo la maestra e Consuelo la bidella. Si unì anche Lorenza, collaboratrice della Dirigente scolastica.

"Di fronte a questo nuovo episodio di tentato suicidio, che ripete l'evento Vanessa accaduto alla primaria, è cruciale che la scuola adotti misure immediate per garantire la sicurezza della ragazza e valutare il suo stato di salute mentale ed emotivo", affermò Laura. "Potrebbe essere necessario attivare un percorso di supporto psicologico per Vanessa, coinvolgendo i suoi genitori e sensibilizzandoli sull'importanza del loro ruolo. Inoltre, gli insegnanti e il personale scolastico dovrebbero essere formati per riconoscere i segnali di allarme e prevenire eventuali situazioni di rischio".

Le donne discussero su come intervenire concretamente per aiutare Vanessa e prevenire ulteriori episodi di autolesionismo o tentativi di suicidio. La situazione era resa ancora più complessa dalla risonanza che il caso aveva avuto nel paese: la stampa locale conduceva un'indagine serrata, esercitando pressioni sulla scuola, mentre il Provveditorato e l'Ufficio Scolastico avevano già convocato la Dirigente dell'Istituto Comprensivo per chiarimenti. Con il Consiglio di Classe straordinario e il Collegio docenti imminenti, era necessario arrivare preparati con proposte concrete.

Laura, la psicoterapeuta, suggerì l'applicazione della Terapia Strategica Breve, mentre Livia, maestra e psicologa, sottolineò l'importanza di coinvolgere i genitori. Consuelo la maestra e Consuelo la bidella si dichiararono pronte a offrire il loro contributo. Lorenza, incaricata delle relazioni con la stampa, propose di redigere un comunicato per informare le famiglie e raccogliere il loro supporto. Roxy, l'assistente sociale, si offrì di coinvolgere l'equipe sanitaria locale per un intervento strutturato.

Nel corso della riunione, le partecipanti chiesero a Laura di approfondire la Terapia Strategica Breve, convinte che fosse necessario un approccio efficace e rapido, piuttosto che percorsi psicoterapeutici lunghi e dall'esito incerto.

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"La Terapia Strategica Breve", spiegò Laura, "è un metodo pratico e mirato per aiutare Vanessa a gestire pensieri ed emozioni, sviluppando strategie efficaci per affrontare situazioni difficili. Questo approccio può essere utile non solo per lei, ma anche per i suoi genitori e per il personale scolastico".

Si decise di elaborare un protocollo di intervento e di sottoporlo alla Dirigente e al Provveditorato, individuando chi se ne potesse occupare.

Oltre il silenzio: risposte e responsabilità della scuola

Comprendere, intervenire e ricostruire

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Laura stava riflettendo da sola prima di partecipare al Consiglio di Classe, a cui era stata invitata come esperta. Le emozioni e gli eventi sembravano travolgenti, e la necessità di fornire risposte era altrettanto urgente.

Vanessa lottava costantemente con la depressione e l'ansia. Nonostante avesse cercato aiuto, si sentiva sempre più sola e disperata. Dopo aver tentato il suicidio, si trovava ancora in ospedale e doveva affrontare la sua famiglia, i professori, gli psicologi e i compagni preoccupati, oltre alle opinioni della gente. Si sentiva in colpa per aver causato tanta preoccupazione e si domandava se fosse giusto aprirsi con loro riguardo al proprio dolore. Il peso della vergogna e dell'incomprensione la soffocava.

Dopo il primo tentativo di suicidio, Vanessa aveva iniziato un percorso con uno psicologo. Tuttavia, nonostante alcuni progressi, si trovava ancora di fronte a ostacoli che la facevano sentire sola nella battaglia contro i propri demoni interiori. Il desiderio di superare quei momenti difficili e di trovare una nuova speranza per il futuro si scontrava con il senso di impotenza che continuava a provare.

Laura non poteva fare a meno di pensare anche a Livia. Insegnante e psicologa, Livia si sentiva frustrata e impotente. Nonostante la sua preparazione, non si sentiva adeguata a gestire un caso così delicato. Sapeva che il supporto della scuola e della comunità era essenziale, ma le risorse a disposizione sembravano insufficienti. Come avrebbe potuto creare alleanze e confrontarsi con chi poteva davvero fare la differenza?

Quando si tratta di problemi di salute mentale, è fondamentale che i professionisti del settore collaborino con il personale scolastico per offrire un supporto completo e personalizzato agli studenti in difficoltà. Nel caso di Vanessa, il fatto che i suoi tentativi di suicidio fossero avvenuti nell'ambiente scolastico poneva la scuola di fronte a una responsabilità chiara e urgente. Il Consiglio di Classe avrebbe dovuto affrontare questa realtà e prendere decisioni cruciali.

Laura era convinta che nessuno dovesse sentirsi impotente davanti a sfide così complesse. La collaborazione e il sostegno reciproco erano strumenti potenti, capaci di fare la differenza nella vita di chi soffre.

La metafora delle "piazze mancanti" nella comunicazione tra scuola, famiglia e comunità era una profezia negativa da cui era necessario uscire. Era fondamentale costruire spazi di dialogo e confronto per trovare soluzioni concrete e sostenibili.

Laura sapeva di poter contare su Livia e di poterla accompagnare in questo percorso. Era certa che insieme avrebbero potuto applicare le tecniche della Terapia Breve Strategica, indipendentemente dalle decisioni ufficiali del Consiglio di Classe. 

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Ma oltre all'azione educativa e terapeutica, bisognava rispondere anche alle accuse dell'opinione pubblica e della stampa, che puntavano il dito contro la scuola su diversi fronti:

Era quindi essenziale che la scuola e gli insegnanti rispondessero a queste preoccupazioni in modo trasparente e responsabile. Non si trattava solo di difendersi dalle critiche, ma di riconoscere le problematiche esistenti e lavorare per migliorare le strategie di prevenzione e supporto.

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Laura si preparò mentalmente all'incontro. Era determinata a non lasciare che la paura o la pressione esterna impedissero alla scuola di assumersi il proprio ruolo. Vanessa aveva bisogno di una rete di sostegno forte e coesa, e la scuola doveva essere un punto di riferimento, non un'istituzione distante e impassibile.

Era il momento di trasformare le parole in azioni.

Decisioni Cruciali

Un confronto decisivo per il futuro della scuola e dei suoi studenti

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Il Consiglio di Classe era iniziato, e Laura si ritrovava seduta tra i colleghi, il peso delle responsabilità appoggiato sulle spalle come un manto invisibile ma palpabile. L'aula era carica di tensione, le voci sussurrate degli insegnanti e il fruscio dei fogli creavano un sottofondo nervoso. Livia, dall'altra parte del tavolo, sembrava altrettanto tesa, ma determinata a fare tutto il possibile per aiutare Vanessa.

Il dibattito si aprì con una discussione sulla situazione di Vanessa e su come la scuola avrebbe dovuto rispondere. Il Dirigente Scolastico prese la parola per sottolineare l'urgenza di una decisione condivisa e responsabile. Gli insegnanti espressero il loro sgomento, ma anche la volontà di trovare soluzioni efficaci.

Laura alzò la mano per intervenire, sentendo gli sguardi di molti colleghi puntati su di lei. Respirò profondamente e iniziò a esporre il suo punto di vista.

"Colleghi, dobbiamo riconoscere la complessità di questa situazione. Vanessa ha attraversato momenti difficili, e ciò che è accaduto ci impone una riflessione profonda. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo influenzare il futuro. Dobbiamo concentrarci su tre aspetti fondamentali: prevenzione, risorse e comunicazione."

Il silenzio nella sala era carico di attenzione. Laura delineò un piano d'azione concreto:

Livia annuì con convinzione, mostrando il suo totale sostegno. "Non possiamo permettere che un'altra ragazza si senta così sola da pensare che il suicidio sia l'unica via d'uscita. Dobbiamo agire con responsabilità e coerenza, rispondendo non solo all'opinione pubblica ma anche alla nostra coscienza di educatori."

Il Consiglio di Classe discusse a lungo, sollevando dubbi, domande e proposte aggiuntive. Alcuni insegnanti temevano che le risorse scolastiche non fossero sufficienti, altri suggerivano di coinvolgere attivamente il territorio e i servizi sociali.

Dopo un dibattito acceso ma costruttivo, il Consiglio di Classe votò all'unanimità per adottare le proposte di Laura e Livia. La scuola si impegnò ufficialmente a implementare programmi di prevenzione, a incrementare le risorse per la salute mentale degli studenti e a migliorare la comunicazione interna ed esterna.

Nei giorni successivi, l'impegno prese forma: vennero avviate collaborazioni con esperti del settore, organizzati incontri con le famiglie e sensibilizzati gli studenti sul tema del benessere psicologico. Laura e Livia, fianco a fianco, lavorarono senza sosta per trasformare le parole in azioni concrete.

La storia di Vanessa non era finita, e il cammino verso il cambiamento sarebbe stato lungo e complesso. Tuttavia, la scuola aveva intrapreso un percorso di consapevolezza e responsabilità, gettando le basi per un ambiente educativo più empatico e attento alle sfide della salute mentale degli studenti.

Con il passare del tempo, i primi segnali di cambiamento iniziarono a manifestarsi. Gli studenti si sentirono più liberi di esprimere le proprie difficoltà, i docenti acquisirono maggiore consapevolezza nel riconoscere i segnali di disagio e il clima scolastico divenne più aperto e accogliente. Era solo l’inizio di un lungo percorso, ma un passo fondamentale era stato compiuto: la scuola aveva scelto di non voltarsi dall’altra parte, ma di affrontare il problema con determinazione e umanità. Forse, in futuro, altre vite sarebbero state salvate grazie a questa nuova consapevolezza.

Protocollo di Azioni Immediate del Consiglio di Classe

Obiettivo: Definire un piano d'azione immediato per rispondere alla crisi e garantire un supporto adeguato a Vanessa e agli altri studenti in difficoltà.
Azione
Responsabili
Tempistiche
Esito atteso

Attivazione immediata di un supporto psicologico per Vanessa

Dirigente Scolastico, Psicologo scolastico

Entro 24 ore

Supporto psicologico diretto

Incontro straordinario con la famiglia per coordinare interventi

Dirigente, Insegnanti, Psicologo

Entro 48 ore

Migliore comunicazione e alleanza scuola-famiglia

Comunicazione interna agli studenti per sensibilizzazione sul tema del benessere mentale

Docenti referenti, Psicologo

Entro 1 settimana

Riduzione dello stigma, maggiore consapevolezza

Formazione urgente per docenti su gestione del disagio mentale

Formatori esperti, Psicologo scolastico

Entro 2 settimane

Migliore preparazione del corpo docente

Creazione di uno sportello di ascolto permanente

Scuola, Enti Locali, Associazioni

Entro 1 mese

Punto di riferimento per gli studenti

Monitoraggio e follow-up della situazione di Vanessa

Docenti, Psicologo, Famiglia

Continuativo

Prevenzione di nuove crisi

Redazione di una relazione ufficiale sul caso e sulle misure adottate

Dirigente, Consiglio di Classe

Entro 1 mese

Documentazione formale e trasparente

Approvato dal Consiglio di Classe il: ____ / ____ / ______

Firma dei membri del Consiglio:






Inoltrato alle autorità competenti in data: ____ / ____ / ______


Laura, Livia, Melissa e i segnali di cambiamento attesi n un'immagine

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Psicotetapia Breve per Vanessa

Laura al Consiglio di Classe: valutazioni sulla Psicoterapia breve per Vanessa.

Laura si rivolge al Consiglio di Classe con questo intervento.

"Buongiorno a tutti. Oggi vorrei parlarvi dell'importanza della psicoterapia breve, un approccio che considero una risorsa straordinaria per aiutare persone come Vanessa a superare momenti difficili nella loro vita. Vanessa ha vissuto un periodo di grande stress e ansia, e la psicoterapia breve si è dimostrata una soluzione pratica, mirata e rapida per aiutarla a ritrovare il suo equilibrio.
La forza della psicoterapia breve sta nella sua efficacia. Si concentra su obiettivi specifici, affrontando direttamente le difficoltà principali e portando a risultati concreti in tempi relativamente brevi. Questo approccio permette di individuare e attivare le risorse personali del paziente, facilitando un cambiamento positivo e duraturo.
Permettetemi di condividere con voi la trasformazione di Vanessa. Quando abbiamo iniziato, si sentiva sopraffatta e incapace di vedere una via d'uscita. Attraverso la terapia, ha cominciato a riconoscere i propri schemi di pensiero e comportamento, e a sviluppare strategie per affrontarli. Oggi Vanessa sta molto meglio: ha ritrovato la speranza e la forza per andare avanti.
I benefici della psicoterapia breve sono tangibili: migliorano la qualità della vita e aiutano a recuperare il benessere emotivo. È un percorso che non solo cura, ma rinforza l'autonomia e la resilienza delle persone.
Vorrei concludere con un messaggio di speranza. La psicoterapia breve può essere la chiave per uscire da un momento di crisi. Non abbiate paura di chiedere aiuto: a volte, anche i piccoli passi possono portare a grandi cambiamenti."

 

Rinascita di Vanessa

Quando il sostegno trasforma il dolore in forza e la scuola cambia

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Dopo il tumulto degli eventi, la scuola iniziò a vivere una trasformazione palpabile. I programmi di prevenzione della salute mentale presero forma concreta: sportelli di ascolto vennero attivati, le risorse psicopedagogiche aumentarono e nuovi canali di comunicazione furono aperti per favorire il dialogo tra studenti, insegnanti e famiglie. L’intero Istituto Comprensivo, inizialmente disorientato dal dramma vissuto, cominciò a reagire con determinazione.

Vanessa, una studentessa riservata ma con un cuore luminoso, iniziò a percepire una sottile ma significativa differenza nell'aria della scuola. Il clima, che un tempo le era sembrato estraneo e opprimente, ora le restituiva un senso di accoglienza e calore. Gli insegnanti, più attenti ai segnali di disagio, si fermavano a chiedere come stessero i loro alunni; i compagni si parlavano con maggiore empatia, abbattendo le barriere della solitudine e del giudizio.

La Dirigente Scolastica, consapevole dell’importanza di un cambiamento che partisse dal basso, convocò assemblee di confronto aperte a studenti, insegnanti e genitori. Non erano solo momenti di riflessione, ma veri e propri laboratori di idee, dove ognuno poteva esprimere paure, proposte e soluzioni. Le prime riunioni furono cariche di tensione: i genitori si divisero tra chi accusava la scuola di non aver fatto abbastanza e chi, con voce rotta dall’emozione, ammetteva di non essersi accorto in tempo della sofferenza dei propri figli.

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La madre di Vanessa, ancora provata, prese la parola in un’assemblea affollata: “Non possiamo permettere che un altro ragazzo si senta così solo da arrivare a un punto di non ritorno. La scuola e la famiglia devono smettere di essere due mondi separati.” Le sue parole risuonarono nella sala, suscitando un lungo silenzio, poi un applauso spontaneo.

In quel clima di rinnovamento, Laura, sempre più convinta del valore della prevenzione, avviò un progetto di mentoraggio tra studenti più grandi e più giovani. Vanessa fu tra le prime a essere coinvolte. Il suo mentore, un ragazzo del penultimo anno con una storia di insicurezze superate, la aiutò a rompere il guscio della sua timidezza. Insieme esplorarono nuove attività, scoprendo passioni comuni e costruendo un legame che, per Melissa, divenne un’ancora di fiducia.

Parallelamente, il Consiglio di Classe, ora più consapevole delle sfide legate alla salute mentale, lanciò iniziative creative per combattere lo stigma. Fu organizzato un concorso artistico dal titolo “Esprimi il tuo mondo interiore”, aperto a tutti gli studenti dell’Istituto Comprensivo. Vanessa, sorprendentemente talentuosa nelle arti visive, partecipò con entusiasmo, contribuendo alla creazione di un murales nei corridoi della scuola: un’opera collettiva in cui ogni studente lasciava un segno del proprio vissuto. L’arte divenne un linguaggio di espressione e guarigione.

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Nel frattempo, Livia, la psicologa che aveva seguito Vanessa, propose un percorso di psicoterapia breve per gli studenti che ne sentissero il bisogno. Vanessa, inizialmente incerta, decise di provarlo. Il lavoro su di sé non fu immediato né privo di ostacoli, ma con il tempo imparò a gestire l'ansia che l’aveva sempre accompagnata. Scoprì strumenti per affrontare la paura del giudizio, per esprimere i suoi pensieri senza timore. Lentamente, le sue performance scolastiche migliorarono e il sorriso tornò sul suo viso.

L’intera comunità scolastica, inizialmente scossa dagli eventi, si unì in un abbraccio di sostegno reciproco. Gli insegnanti iniziarono a ricevere una formazione specifica per individuare segnali di disagio emotivo negli studenti; i genitori parteciparono a incontri formativi sulla comunicazione empatica; gli studenti, incoraggiati a condividere esperienze, formarono gruppi di auto-aiuto. La cultura del silenzio e dell’indifferenza cedette il passo a una nuova sensibilità.

Il successo di Vanessa ispirò altri studenti a chiedere aiuto senza vergogna. La scuola divenne un luogo in cui la vulnerabilità non era più percepita come debolezza, ma come un'opportunità di crescita.

Il capitolo si chiuse con una cerimonia speciale, alla quale parteciparono studenti, insegnanti e genitori. Sul palco, alla fine, salì proprio Vanessa. Con voce ferma e sicura, raccontò il suo percorso: “Avevo paura di essere giudicata, di non essere abbastanza. Ora so che la mia voce conta, che non sono sola.”

Le sue parole risuonarono nella sala gremita, accendendo nei cuori di tutti una nuova consapevolezza. Quel giorno, la scuola non celebrava solo il successo di Melissa, ma il cambiamento di un’intera comunità che aveva scelto di non voltarsi più dall’altra parte.

Mentre il sole del nuovo giorno illuminava la cerimonia, il futuro appariva più luminoso. Era un nuovo inizio, una pagina scritta con il coraggio, la resilienza e la forza della solidarietà.

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La ballata di Vanessa

Il caso Vanessa in una ballata


 

Il testo della ballata

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La Ballata di Vanessa

(Un canto di rinascita e speranza)

Suonava il vento tra i corridoi,
portava echi di giorni bui.
Nel cuore stanco di una ragazza,
cresceva un grido, ma senza voce.

Un giorno il cielo si fece più scuro,
l’anima fragile in un angolo chiusa.
Ma mani tese, occhi sinceri,
spezza il silenzio chi non si arrende.

Ritornello:
🎶 O scuola, culla di sogni e speranza,
illumina il passo di chi sta in bilico.
Che ogni ferita trovi una danza,
che ogni lacrima sia un battito. 🎶

Nel paese di Melata il tempo si fermò,
l’eco di un gesto scosse ogni muro.
Madri e padri, insegnanti e amici,
si strinsero forte, vicini nel buio.

Assemblee nate da un dolore comune,
parole intrecciate come radici.
E fu allora che l’alba tornò,
nei cuori spenti, una nuova luce.

Ritornello:
🎶 O scuola, culla di sogni e speranza,
illumina il passo di chi sta in bilico.
Che ogni ferita trovi una danza,
che ogni lacrima sia un battito. 🎶

Ora Melissa cammina sicura,
dipinge il mondo con mille colori.
Dove c’era paura, ora sboccia la vita,
dove c’era silenzio, ora canta il domani.

E nel riflesso dei suoi occhi chiari,
vive la storia di chi non cede.
Perché nel buio può nascere un fiore,
se trova il sole di chi lo vede.

Finale:
🎶 O scuola, che insegni a sognare,
proteggi i passi di chi cade ancora.
Che ogni dolore trovi parole,
che ogni speranza diventi aurora. 🎶

Tempeste che ordiscono trame

Considerazioni psicologiche e pedagogiche per il mare tumultuoso delle vite

Ogni crisi, come una tempesta impetuosa, scuote le fondamenta di ciò che credevamo stabile e lascia dietro di sé nuovi paesaggi interiori da esplorare. Il caso di Vanessa, e la successiva rinascita, non sono solo episodi isolati nella vita di un Istituto Comprensivo, ma frammenti di una realtà più ampia, in cui il disagio giovanile si intreccia con il ruolo educativo della scuola e con la complessità delle dinamiche familiari e sociali.

Questa esperienza ha messo in luce quanto fragile possa essere l’equilibrio emotivo di un adolescente e quanto, troppo spesso, il dolore venga taciuto, nascosto dietro gesti quotidiani, sguardi evitati, silenzi troppo lunghi. In un’età in cui il senso di appartenenza e riconoscimento sono essenziali, la solitudine interiore può trasformarsi in un abisso, e la scuola, con i suoi insegnanti, diventa non solo luogo di apprendimento, ma anche di salvezza.

Il dolore come esperienza trasformativa: da Omero a Recalcati

Nel suo Ulisse. Il piacere della scoperta, lo psicoanalista Massimo Recalcati racconta di essere stato etichettato da bambino come "lento nell’apprendimento", quasi destinato a una vita di insuccessi scolastici. Eppure, quello stesso bambino, che faticava a leggere e scrivere, è diventato uno dei più influenti pensatori contemporanei. La sua storia è un monito per educatori e famiglie: il potenziale di un individuo non è mai definito una volta per tutte, ma può emergere attraverso percorsi non lineari, spesso segnati da difficoltà e apparenti fallimenti.

Il viaggio di Ulisse, narrato nell’Odissea, incarna proprio questa idea: la crescita non avviene nella sicurezza della propria terra, ma nel naufragio, nell’errore, nell’attraversamento di tempeste che sembrano annientare ma che, in realtà, forgiano. Il rischio, per chi si perde nelle proprie paure, è quello di rimanere prigioniero su un’isola come Calipso, dove il tempo scorre senza senso, avvolto dall’illusione di una fuga dal mondo.

La scuola come faro nella tempesta

L’istituto comprensivo di Melata, colpito dal dramma di Vanessa, ha saputo reagire con un cambiamento profondo e collettivo. Il coinvolgimento del Consiglio di Classe, degli studenti, delle famiglie e degli esperti ha reso evidente che l’educazione non è solo trasmissione di conoscenze, ma anche costruzione di legami di fiducia. Le assemblee, i protocolli di emergenza, i programmi di supporto psicologico e l’apertura al dialogo hanno rappresentato un passo concreto verso una scuola capace di accogliere, ascoltare e rispondere.

L’episodio di Vanessa, con la sua rinascita, è diventato simbolo di questa nuova consapevolezza: i ragazzi non sono soli, anche quando si sentono intrappolati in gabbie invisibili. La scuola può e deve essere un porto sicuro in cui imparare a navigare le burrasche interiori, senza temere il giudizio o il fallimento.

Fragilità e resilienza: il ruolo delle famiglie

Il caso di Vanessa ci ha anche insegnato quanto il contesto familiare sia un tessuto complesso, in cui si intrecciano amore, aspettative, conflitti e incomprensioni. Le tensioni vissute all’interno della sua casa, il peso di una comunicazione affettiva carente, le pressioni sottili ma costanti hanno reso la ragazza vulnerabile. Il suo senso di vuoto, quella sensazione di essere "assente a se stessa", non nasceva dal nulla, ma era il risultato di un equilibrio instabile tra bisogni emotivi inespressi e una realtà che non le permetteva di riconoscerli e affrontarli.

Spesso i genitori, travolti da problemi personali, economici o relazionali, faticano a comprendere la sofferenza interiore dei figli, leggendo i loro silenzi come chiusure volontarie e non come richieste d’aiuto. Il caso di Vanessa ha mostrato quanto sia fondamentale un dialogo aperto tra scuola e famiglia, perché la crescita di un adolescente non è mai un percorso lineare, ma una navigazione continua tra venti contrari e correnti impreviste.

Il paradosso della fragilità: Antigone e la resistenza interiore

La fragilità, lungi dall’essere una condanna, può diventare una forma di forza, come insegna il personaggio di Antigone nella tragedia di Sofocle. Antigone è fragile perché sola nella sua lotta, eppure è anche indistruttibile nella sua determinazione. Vanessa ha attraversato un percorso simile: da una solitudine vissuta come prigione è giunta alla consapevolezza che esprimere il proprio dolore non è un segno di debolezza, ma un atto di resistenza.

Nel mondo contemporaneo, dominato dalla performance e dalla corsa, la fragilità viene spesso percepita come un difetto da correggere. Ma, come insegna la filosofia orientale del kintsugi, l’arte giapponese di riparare la ceramica rotta con l’oro, le ferite non vanno cancellate, bensì valorizzate, perché rendono unica la storia di ogni individuo.

Trame intrecciate, storie che cambiano

L’esperienza vissuta dall’istituto di Melata ci insegna che le tempeste non distruggono solo per il gusto di farlo: spesso smantellano per ricostruire, strappano per riscrivere, rompono per creare nuove possibilità. Il dolore di Vanessa e il suo percorso sono diventati trame di un tessuto più ampio, in cui ogni attore – docenti, studenti, genitori – ha avuto il compito di annodare occasioni nuove, di dare senso al caos, di trasformare il dolore in cambiamento e resilienza.

Non esistono risposte semplici né soluzioni immediate, ma una cosa è certa: quando un’intera comunità educativa sceglie di guardare in faccia il disagio e di affrontarlo con responsabilità e cura, il mare, per quanto tumultuoso, diventa navigabile. E forse, nel mezzo della tempesta, si può scorgere una nuova rotta.

Vanessa, il futuro e il potere delle cicatrici

Luminiscenza delle crepe

La storia di Vanessa non si conclude con la sua rinascita tra i banchi di scuola, ma continua a intrecciarsi con il mondo, plasmata dall’esperienza che l’ha segnata e resa più forte. Il dolore che un tempo l’aveva confinata in un silenzio denso di assenza è diventato, con il tempo, una forza motrice. Non una ferita da dimenticare, ma un segno da trasformare in una bussola per il futuro.

Negli anni successivi, Vanessa ha scelto di esplorare il mondo dell’arte e della psicologia. Si è iscritta a una prestigiosa università, scegliendo un percorso interdisciplinare tra arteterapia, neuroscienze e studi sulla resilienza. I primi anni non sono stati facili. Il timore di non essere all’altezza la tormentava ancora, ma questa volta non era più sola.

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Uno degli incontri più determinanti è stato quello con la professoressa Barbara Incanto, esperta di psicologia dell’arte e autrice di studi rivoluzionari sull’impatto terapeutico della creatività. Barbara ha riconosciuto subito in Vanessa una sensibilità fuori dal comune e l’ha incoraggiata a non temere le sue fragilità. “Le crepe”, le aveva detto un giorno durante una lezione, “non sono difetti, ma spiragli di luce. Se impari a guardarle nel modo giusto, ti guideranno sempre.”

Vanessa ha preso a cuore quelle parole. Ha iniziato a studiare con ancora più passione, scoprendo il potere trasformativo delle immagini sulla mente umana. Durante l’università, ha avuto l’opportunità di fare un tirocinio in una clinica per adolescenti con disturbi dell’umore.

 È lì che ha conosciuto Aisha, una ragazza rifugiata che aveva perso la sua famiglia in guerra. Aisha non parlava quasi mai, ma quando Vanessa le mise tra le mani un pennello, iniziò a dipingere volti senza bocca. Fu un momento di rivelazione. Vanessa capì che l’arte poteva essere un ponte tra il dolore e la guarigione.

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Terminati gli studi con una tesi innovativa sull’uso dell’arte per superare i traumi infantili, Vanessa vinse una borsa di studio per un master in neuroscienze applicate all’arte presso un centro di ricerca in Canada. Qui incontrò un altro mentore importante: il professor David Lencho, uno dei maggiori esperti mondiali di neuroplasticità. Fu lui a mostrarle come il cervello, esattamente come un dipinto incompiuto, potesse riorganizzarsi e guarire attraverso la creatività.

Ma la svolta arrivò quando partecipò a un progetto in Giappone, dove studiò il kintsugi, l’arte di riparare la ceramica rotta con l’oro. Vanessa rimase affascinata da quel concetto: ciò che si rompe non perde valore, ma acquisisce una nuova bellezza. Applicò questa filosofia alla sua ricerca e iniziò a sviluppare un metodo innovativo di arteterapia basato sulla metafora delle “ferite dorate”.

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Dopo anni di studio e ricerca, decise di portare il suo lavoro fuori dalle accademie. Viaggiò in Africa, lavorando con comunità in difficoltà; portò l’arte nelle carceri minorili, aiutando i ragazzi a riscrivere la loro storia attraverso immagini; collaborò con ospedali pediatrici, usando i colori per alleviare la paura nei bambini malati.

Ma nonostante il successo internazionale, Vanessa non dimenticò mai il piccolo paese di Melata. Ogni anno tornava nella sua vecchia scuola, parlava agli studenti, mostrava loro le sue cicatrici dorate, e raccontava la sua storia non per dire che tutto si risolve magicamente, ma per dimostrare che il dolore può trasformarsi in qualcosa di prezioso.

Alla fine, Vanessa divenne molto più di un’arteterapeuta: divenne una narratrice di anime, una ricercatrice del bello nel dolore, una testimone del fatto che ogni esistenza, per quanto spezzata, può trovare il suo modo unico di brillare.