Ana B1024X e la sfida dell’alfabeto ignoto
Dal Faro delle Scorpione continuava ad estendersi quel lieve ondeggiare di segni luminescenti.
Il Faro dell’Ariete rispondeva con i suoi segnali Klingon203 alle sollecitazioni del lieve tessuto che ad ogni aurora e ad ogni tramonto interstellare lanciava nel buio i suoi fievoli segnali. Si rimandava di Faro in Faro intanto la storia di Ana Bor,Bor, la scriba, Qualcosa era andato storto nell’impresa. Il racconto era ormai un fulgido esempio dell’abilità delle scribe di esplorare il tempo e ritrovarne i segni più remoti. Ma tra cercare, recuperare e interpretare ne passava di tempo tra gli interstizi dei mondi paralleli! Ana Bor aveva perso la sua scommessa ed era tornata da umana a impercettibile sequenza di segni 01000001 01101110 01100001 00100000 01000010 01101111 01110010 nel vortice dei neuroni interstellari, prima che riuscisse a restituire il senso di tutta la storia ritrovata. Ma un segno era ormai fisso nella memoria interstellare, sempre più disperatamente alla ricerca del suo senso originario. 01010110 01100001 01101110 01100101 01110011 01110011 01100001 - 56616e65737361 - ㈦ – Vanessa. Era questo, comunque, un punto fermo, ormai. Il Grande Narratore era tornato dal suo sito iperuranico a governare il multiverso spaziale. L’obiettivo, meglio la sfida, era ridare alle mute, gelide generazioni dei Rustes un nuovo patrimonio sensoriale, quando ormai erano andati dispersi da immemorabili tempi i segni di un’umanità parlate, che si scambiava emozioni, sensazioni, suoni, tocchi, fluidi odorosi. Tutti i mondi paralleli erano stati presi da una nostalgia sensoriale di cui ignoravano la radice e anche le conseguenze. Il Grande Narratore ne era l’interprete con la sua spasmodica ricerca di una scriba che rimettesse in gioco i sensi, oltre la vista, l’unica dannazione ancora attiva, una dannazione una vista cieca di ogni altra sensazione. Nulla poteva distogliere il Grande Narratore da questo obiettivo, perché il suo destino era comunque segnato. Sarebbe accaduto che dovesse cedere il suo potere. Anche che resistesse a questo era scritto, ma fino a quando? Tenere a bada i Rustes non era difficile. Bastava lasciarli nella loro frenetica rotante inconsapevolezza d’essere a un passo dalla fine. Le reti neurali, infatti, si stavano disseccando, ormai prive della linfa del FLATUS cosmico che desse nuove vele alle Galassie. Perché non collassasse tutto il RACCONTO, occorreva che si riprendesse a diffondersi il FLATUS, occorrevano, insomma, le parole dette dalle gole fertili degli umani estinti, le discussioni interminabili, le discordie verbali. Occorreva riportare le immagini al loro significato verbale. Era stato prescritto che fosse una scriba, e il Grande Narratore non trovò di meglio che una scriba profuga dal Faro dello Scorpione: Ana B1024X.
Di lì sarebbe ripartita Ana B1024X: da Vanessa. Una promessa: che sarebbe stata lei la Grande Narratrice. Forse le era sfuggito (o no) il ghigno del Grande Narratore? Ana B1024X sapeva perfettamente che la sfida poteva essere persa, tuttavia accettò. Si chiese se avrebbe mai potuto fare diversamente. C’era una tradizione da rispettare e a lei, da profuga al Faro dell’Ariete dal Faro dello Scorpione, nulla era sfuggito della storia di Ana Bor. Dalla sua storia, dal suo fallimento doveva iniziare. L’umana Ana Bor aveva agito sul testo impigliata nelle connessioni dei sensi, da umana nulla poteva intendere se non nella complessa rete delle sensazioni, trascinata dal gorgo grafico-fonino null’altro aveva potuto penetrare.
Ana B1024X era ormai lontana da quel tempo, di umano più nulla (o quasi) c’era nel suo contenitore intercellulare. Le sensazioni erano niente più che oggetti di studio e da lì aveva pensato di iniziare. Perché la parola Vanessa si era palesata con immediatezza nel tessuto velare che dal Faro aveva preso a srotolarsi per lo spazio interstellare? Qual era il potere di quel segno iniziale 01010110 che aveva preso la sua forma originaria V accompagnata da un’eco inspiegabile. Inspiegabile fino a quel momento, pensò Ana B1024X, determinata a portare a termine la sua missione.
All’alba, quando riprendeva energia dal corpo incorporeo del Grande Narratore, si lasciva penetrare fino al nodo cerebrale, forse lì giaceva il segreto del senso, del significato delle parole. Abile, lui, il Grande a simulare, ma in un ingranaggio del suo corpo doveva pur essere riposto il codice dell’alfabeto fonico, dentro il suo cranio di diamante doveva esserci quel riflesso capace di ricomporre la stele degli alfabeti.
Fu nell’istante in cui si concluse l’intimo approccio tra il Grande Narratore e Ana B1024X che le comparve, come un’ancòra indistinta linea di segni, la stele degli alfabeti. Sempre più chiara divenne la stele e le apparve la connessione tra i segni, benché ancora in parte ignoti.
Dissimulò il suo entusiasmo in un lamento di piacere. Il Grande Narratore ne fu felice. Ad ogni godimento del suo corpo incorporeo si confermava il suo dominio sul tutto.
Ana B1024X sfuggì lentamente all’abbraccio del grande Narratore. Si pose come suo rito mattiniero alla base del Faro, e di lì tutto cominciò a schiarirsi. Si avviò lungo il grande nastro delle narrazioni. Pensò a quello che sarebbe stato il suo primo atto da Grande Narratrice. Le covò nella sua testa cristallina come un segreto da non svelare ancora, ma pensato da sempre. Doveva essere certa che la stele degli alfabeti la confermasse nella sua scoperta.