La redazione
Non era facile tenere a bada quel gruppetto di aspiranti giornalisti, come li chiamava lei, Andrea Coletti, il direttore, de “La Cronaca del Giorno”, il giornale che aveva ereditato dal padre, tipografo e poi direttore, editore, distributore, insomma, fac totum del giornale locale, ma giornalista no, quello era il destino della figlia. Destino segnato e anche pagato a caro prezzo, l’università a Bologna, il master in Inghilterra. Tutto era uscito dalla tipografia e adesso, parola di padre, tutto doveva ritornare.
Andrea avrebbe dovuto essere maschio, così aveva deciso il padre, che poi si era arreso all’evidenza, ma le aveva dato il nome che avrebbe dato al figlio maschio e che ben si prestava, per sua fortuna, anche alla piccola indesiderata prima, e unica, figlia.
La notizia che teneva banco da ormai un mese era il tentato suicidio di Vanessa, e il giornale ci sguazzava, perché “bisogna scrivere quello che fa vendere”, questo era il messaggio che aveva ricevuto dal padre, e lei lo rispettava al meglio.
Ma ormai li aveva spolpati tutti i personaggi, vicini o lontani. Da alcuni non era riuscita a tirar fuori una parola. da altri era uscito di tutto. E lei, fedele all’etica giornalistica, aveva restituito alla pubblica opinione tutto ciò che i testimoni avevano vomitato, ma anche quello che lei aveva tradotto nel linguaggio da serial comedy che era proprio della pagina centrale de “La Cronaca del Giorno”.
Era rimasta solo Livia, ma doveva andarci piano, perché lei era una tosta, almeno così aveva capito con il suo fiuto ben allenato a stanare l’interlocutore. L’aveva chiamata, e più volte, ma la risposta era stata che non aveva ancora approfondito il caso e quindi nulla avrebbe potuto dirle. Ma lei aveva pazienza, avrebbe continuato a chiamarla.
D’altro canto c’era anche quella storiella di escort che teneva banco e qualche indiscrezione sulle particolari simpatie, diciamo così, politiche del sindaco. C’era la storia di Roxy, che riempiva la rubrica “Come eravamo”. C’era poi la lettrice persa dietro le piazze perdute. Questa non l’aveva capita ancora nessuno, e bisognava indagare. Era un test per l’intelligenza? Era una storia fantastica? Comunque tirava, perché c’era qualcosa di inquietante, per alcuni anche qualcosa di ambientalista e, uhhhh, come tirava! Ah! C’era poi da seguire la storia di Evelina. Anche se non aveva ancora bene le idee chiare e i comunicati stampa del Centro Antiviolenza li prendeva sempre con le pinze. Non era al “se la cercano”, ma ci andava vicinissimo, anzi … Certo, si manteneva il più possibile neutra, perché bisogna tenersi buone le femmine, le lettrici. Era il suo modo di difendersi da un senso di colpa feroce, che, stranamente, cresceva sempre di più. Lei se l’era proprio cercata, così almeno le era stato detto quando aveva 9 anni. E a quell’età si cade nelle trappole, ma Andrea ancora non l’aveva capito. Perciò le donne erano tutte delle troie, lei compresa. Escludeva da questo conto sommario solo l’amica sessantottina, la perfetta, che non si stancava mai di chiamarla “la direttora”, l’unica che sapeva, l’amica del liceo, diverse loro due, come l’acqua e il fuoco, ma legate per sempre da quel segreto.
Comunque, Eleonora, la scrivana a 500 euro al mese, come la chiamava lei - lei che era il Direttore e poteva permettersi tutto -, era un cane da tartufo e girava girava intorno alla scuola, come se lì ci fosse la ragione prima di quei 500 euro, e forse aveva ragione. Stava addosso a tutte e tutti. Anche se Livia era l’osso più succulento, e per ora le sfuggiva. Neanche Andrea la capa ci era riuscita, per ora. Lei doveva arrivarci prima, per 500 euro al mese ne valeva la pena.