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Erano i tempi dell’innamoramento.

Erano i tempi dell’innamoramento. C’erano stati quei tempi. La gita scolastica era un sogno da far diventare realtà con lacrime e strilli. E io ero abilissima in questo. Ero ormai al liceo, primo anno. E anche se la mia volontà in famiglia non contava molto, io avevo i miei espedienti che funzionavano. E, infatti, andai in gita. Non sapevano nulla a casa mia del filarino, per fortuna, altrimenti niente gita. I segreti servono, e  come! La mattina si partì presto. La vicepreside ci aveva raccolti tutti come pecorelle sul marciapiede di piazza Umberto I. Il filarino mi stava attaccato come se ci fosse stato un ago e un filo a cucirci. Ci stava, me lo aspettavo, quell’emozione così diffusa che dalla testa raggiungeva un posticino segreto in agitazione. Io e Evo avevamo progettato quella gita e ora che finalmente c’eravamo non ci saremmo staccati per nessun motivo al mondo. Ma si sa, i prof sono fatti apposta per rompere, con quella storia di femmine e femmine e maschi e maschi.

-      Evelina,Evelina, Evelina, siediti vicino a me che mi racconti.

Andreina era una curiosa di sesso e ci stava dietro a me ed Evo come un’esploratrice ossessionata dalla preda.

-      Ma cosa vuoi che ti dica, qui non succede nulla. Tranquilla, se ci sono novità ti racconto.

Pazienza, eravamo lontani io e Evo, ma c’erano comunque gli occhi a tenerci vicini. Mi disturbava  in questo dialogo a distanza l’insistenza di Andreina, che continuava a interrogarmi su come si bacia e come … Non è che avessi molto da raccontare ed entrambi i dialoghi finirono con un colpo di sonno.

La gita a Paestum si stava esaurendo tra qualche toccamento e tanti sorrisi. Evo era davvero bravo. Ogni colonna era stata messa lì apposta per fare da schermo ai nostri baci e alle carezze sempre più audaci. Aveva delle mani bellissime Evo, e sapeva dove metterle con una rapidità che alla fine mi stupiva ogni volta. La gita si stava esaurendo tra un’emozione  e l’altra. Eravamo giù sulla via del ritorno, quando Giulia si sentì male e il pullman fu costretto a fermarsi al primo autogrill. Sentii la mano di Evo che mi trascinava via. In un secondo fummo nel bagno dei maschi. “Una fuga d’amore nel cesso!”. Feci appena a tempo a pensarlo, che una stilettata mi colpì al basso ventre, rapida, violenta.

-      Ora sei mia, chiaro?

Sì, una cosa sua.

Ogni volta che l’infermiera mi toglieva il sangue rappreso dell’ultima caduta dalle scale, questo ricordo riaffiorava come il trailer di un film che sembrava non dovesse mai avere finire.