La dirigente dell'Istituto Comprensivo di Melata convoca il consiglio di classe
La dirigente dell’Istituto comprensivo di Melata, una donna sulla cinquantina, dotata di buone competenze relazionali nel gestire le dinamiche tra i docenti, aveva saputo utilizzare le risorse a disposizione, per tutto il tempo della sua dirigenza,per un
decennio, in modo tale che la sua scuola aveva una buona reputazione in tutto il circondario. Appassionata del suo lavoro, era riuscita a contagiare docenti e alunni la sperimentazione di nuove tecniche educative di apprendimento.
Rappresentava una figura autorevole e decisiva sia per la scuola che per la comunità del paese.
Era molto preoccupata per il caso Vanessa e per il risalto che ne aveva dato la stampa locale. Non riusciva a darsi una ragione e nel suo pensiero mille interrogativi si affollavano nella sua mente:
- Come mai la ragazza aveva tentato il suicidio nella scuola?
- Come mai i docenti non le avevano riferito alcunché sul comportamento di Vanessa?
Dalla bidella Consuelo,Consuelo, amica della mamma di Vanessa, aveva ascoltato qualcosa che poteva essere accaduto in famiglia, ma erano solo supposizioni che non avevano alcuna certezza.
Senza altro indugio, convocò il consiglio di classe per decidere il da farsi.
Intervennero tutti i docenti della classe di Vanessa, alla presenza di Livia.
La dirigente aprì la discussione dicendo di aver avuto un colloquio con i genitori per consigliare loro i provvedimenti da prendere, per aiutare la ragazza. Non se l’era sentita di indagare su qualche problema familiare che poteva essere stato la causa di tutto, avendo conosciuto il carattere polemico del padre in altre occasioni.
La madre era sembrata molto provata, avvertiva sensi di colpa ma, allo stesso tempo, si era mostrata fiduciosa nell’aiuto che si voleva offrire a Vanessa. Tutti e due i genitori si erano dichiarati favorevoli all’intervento di un’equipe psicomedicopedagogica che avrebbe seguito la loro figlia, sempre in quella scuola, in modo che non fosse allontanata dalla famiglia.
Livia prese la parola per avere qualche informazione sul carattere di Vanessa e chiese agli insegnanti se avessero notato comportamenti di disagio e sofferenze fisiche o psicologiche che avessero messo a dura prova l’autostima della ragazza.
La professoressa Flora, insegnante di lettere, che aveva più ore nella classe di Vanessa , prese la parola:
- Vanessa è una ragazza molto sensibile, soffre molto della situazione familiare ma quasi mai riesce ad esprimere questo disagio, perché la stima che ha di sé è così bassa da pensare di non avere un’intimità degna di essere condivisa, vorrebbe essere addirittura invisibile!
E continuò dicendo che nella classe avevano dovuto fare un buon lavoro di integrazione, perché Vanessa cercava di isolarsi. Non aveva amici tra i compagni, solo un paio di amiche femmine e tra i maschi, invece, c’era un gruppetto che la bullizzava e l’additava come una poco di buono prendendola in giro con delle battute, coi sorrisetti o con delle minacce. Poi concluse:
- Per fortuna noi insegnanti siamo intervenuti subito, coinvolgendo tutto il gruppo classe in percorsi educativi pianificando attività per favorire dei comportamenti cooperativi. Abbiamo dovuto prendere subito provvedimenti anche perché il bullismo nelle scuole italiane è un fenomeno dilagante ed è all’ordine del giorno. Non bisogna minimizzare!
Anche gli altri docenti si espressero dicendo che Vanessa aveva il carattere molto introverso, e negli ultimi tempi, era diventata più silenziosa e triste del solito, ma non avevano notato niente che facesse presagire quel gesto estremo.
Allora Livia prospettò la necessità di un supporto psicologico non solo per la ragazza, ma anche per i genitori; avrebbe chiesto la collaborazione di Laura, la psicoterapeuta che aveva compiuto degli studi recenti sulla Terapia Strategica Breve.
La dirigente concluse la riunione raccomandando gli insegnanti di non rilasciare interviste ai giornalisti, mentre sarebbe stato compito suo, fare un comunicato stampa o parlare con la direttora del giornale, affinché si mettesse a tacere il tutto,
visto che si trattava di una minorenne.
Livia quel pomeriggio si allontanò dalla scuola piuttosto frastornata e alquanto insicura sul da farsi.
Le rimbombava nella mente quella frase “ Io, a mia mamma, vorrei ucciderla!” e tanti pensieri:
- Quale sarà stata la causa che aveva incrinato il rapporto madre figlia e aveva generato il conflitto?
- Vanessa si sentiva incompresa, svalutata, oppressa dalle aspettative della madre?
- E il padre?
Ricordava eccome quella telefonata, quasi minacciosa, che poteva generare solo sospetti su di lui!
E lei, Livia, di sua madre, si era proprio dimenticata? Non aveva notizie da una settimana!...Era abituata alle sue stranezze e quasi mai l’aveva sentita presente nella sua vita!
Le poteva essere di consolazione solamente il fatto che stava per incontrare Laura, la sua amica e collega con cui condivideva segreti, opinioni e reciproca stima.