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In quel paese senza piazza, in quel silenzio interrotto solamente dal gorgoglio dell’acqua della piscina, a Livia venne da pensare ai ricordi della sua infanzia, alla piazza del paese dei nonni, le sembrò ancora di udire l’eco delle tradizioni e delle feste folcloristiche popolari, quando ad un tratto sentì arrivare una macchina che rallentava.
- Livia! Speravo appunto di incontrarti prima che tu arrivassi a scuola!
Livia sobbalzò di scatto, quasi spaventata, si rincuorò subito alla vista di Roxi,Roxy, la sua cara amica d’infanzia. Si riprese e, sorpresa, le chiese:
- Che ci fai da queste parti?
- Dai! Sali in macchina!
- Allora, Roxi,Roxy, dimmi, che ci fai in questo paese?
- Lavoro al giornale locale, curo la rubrica “ Come eravamo” e, proprio in questi
giorni mi è stata affidata anche “La cronaca del giorno”.
Ti vorrei presentare la situazione di Vanessa,Vanessa, in anteprima, prima che te ne parli la dirigente dell’istituto scolastico, che, di sicuro, avrebbe voluto mettere a tacere tutto per evitare che il suo istituto fosse coinvolto in questo fatto di cronaca e in pettegolezzi scandalistici.
- Ormai la notizia è esplosa! – Livia le rispose – L’ho letta sul giornale: “Un’alunna tredicenne della scuola del paese di Melata,Melata, ha tentato il suicidio, si è affacciata nel vuoto da una finestra del secondo piano e la bidella, Consuelo,l’ha afferrata e l’ha tratta in salvo, grazie alla sua prontezza di riflessi e il sangue freddo. “
- Appunto! – RoxiRoxy aggiunse – ti volevo dire che non ne sappiamo di più, se scopri qualcos’altro, mi faresti cosa gradita se me la riferissi in anteprima!
- Ok ci sentiamo, ora devo proprio andare!
Si erano perse di vista Livia e Roxi,Roxy, avevano trascorso tutte le vacanze estive della loro infanzia al paese dei nonni, ora si sentivano di rado, Ognuna presa dai propri impegni di lavoro.
Roxi,Roxy, di età qualche anno più piccola di Livia sulla quarantina, aveva intrapreso il corso di studi di archeologia, la sua passione, ed era volontaria presso un’associazione di donne, impegnate in una ricerca con l’obiettivo di smentire lo stereotipo che le donne non abbiano avuto alcun ruolo nell'evoluzione tecnica e culturale dell'umanità. Aveva allestito un museo virtuale con tanti materiali e documenti raccolti sulle donne e sugli uomini preistorici, smentendo il pregiudizio che considera le donne ridotte ad un ruolo domestico e allo status di madri. Era riuscita a reperire materiali che attestano come anche le donne inseguivano i grandi mammiferi, facevano strumenti e ornamenti, costruivano habitat ed esploravano forme di espressione simbolica attraverso le pitture rupestri.
Intanto Livia era giunta a scuola, dove l’aspettava la dirigente che l’accolse con un senso di sollievo e con la speranza che questo caso si potesse risolvere nel modo migliore sia per la ragazza, che per il prestigio della scuola. Questa era una scuola all’avanguardia, dove si sperimentavano le nuove tecnologie didattiche e, da qualche anno, alcuni insegnanti, seguiti da esperti attraverso corsi di formazione e di autoformazione, avevano attuato un laboratorio di clinica dell’apprendimento “Sum, ergo cogito”; una possibilità di sperimentare in modo differente la relazione educativa, in alcuni momenti del tempo scolastico, dove l’apprendere doveva essereuna rete di processi cognitivi ed emozionali, con l’accettazione reciproca non convenzionale dei ruoli, in un rapporto di fiducia tra insegnante ed alunno.
La dirigente illustrò a Livia questo progetto nelle linee generali e, ci tenne a precisare che questo tipo di laboratorio dava l’opportunità agli alunni di comunicare più liberamente e senza problemi, sia con i compagni che con l’insegnante. Poi le aggiunse:
- Ora le presento l’insegnante che ha condotto questa sperimentazione con un gruppo di una decina di ragazzi, tra cui Vanessa. Penso che le possa dire qualcosa in più su come questa ragazza abbia potuto compiere un gesto inaspettato e inspiegabile!
La professoressa Flora fu molto disponibile a parlare del laboratorio, soffermandosi sull’organizzazione del progetto “Sum, ergo cogito”, un setting realizzato in uno spazio diverso dall’aula, in cui tutti potevano esprimersi liberamente, senza essere giudicati o valutati per quello che si faceva o come lo si diceva. Compito dell’insegnante era leggere un testo letterario che doveva essere il “pre-testo” per le
conversazioni, un testo calibrato sull’età degli alunni, adatto a riflessioni comuni per attivare ricordi di vissuti e di esperienze che avrebbero facilitato il confronto di idee e punti di vista.
Lei aveva utilizzato come “pre-testo” “ la neve sul Vesuvio” di Raffaele La Capria, che racconta la fatica di crescere, di diventare persona, attraverso la scoperta dei primi rapporti con le cose, le persone, i luoghi, dal tempo dell’infanzia fino alla pubertà.
Il protagonista è Tonino, un adolescente, che si interroga sul perché delle cose chevvengono sotto i suoi occhi, fugaci, aeree, eppure impresse e stabili, talora irrefutabili.
Passa le giornate alle prese dei genitori, la tata, la maestra, gli amici, le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo, cercando soluzioni semplici ed immediate ai quesiti che scandiscono il cammino della ricerca di sè . Molto interessante il capitolo dell’“identificazione” in cui Tonino, ancora non cosciente della propria individualità, sente se stesso in una simbiosi con la madre, la sente “diffusa intorno” e si identifica con lei al punto di sentire le sue stesse emozioni.
E a proposito di questo capitolo, la professoressa ricordava che, durante le interruzioni per riflettere sulla storia attraverso domande-stimolo, Vanessa che, in quell’ultimo periodo sembrava distratta e presa da altri pensieri, aveva espresso un’affermazione piuttosto pesante, che l’aveva lasciata allibita “ Io a mia madre, vorrei ucciderla!” E ai “perché” richiesti dai compagni non aveva voluto rispondere.
Alla fine la professoressa, molto rammaricata, aveva aggiunto:
- Mi sento in colpa per non aver dato il giusto peso a quell’affermazione! Avevo pensato che si trattasse di una crisi passeggera dell’adolescenza, un momento di ricerca della propria identità, un bisogno di indipendenza che spesso è in conflitto
con le regole e le aspettative stabilite dai genitori.
Livia allora propose alla dirigente di convocare il consiglio di classe,classe, per sapere qualcosa in più di Vanessa. poi si avviò verso l’albergo travolta dalle emozioni per quella frase “ Io a mia madre, vorrei ucciderla!”…
Il caso Vanessa era più complicato di quanto previsto!