Ana sentì come un senso di pudore, entrando nella vita di Vanessa.
Ana sentì come un senso di pudore, entrando nella vita di Vanessa. Era la prima volta che le capitava, che sentisse quella strana sensazione nell’entrare in una storia. Man mano che le parole si componevano sulla superficie del faro dello Scorpione, sentiva risuonare l’eco di quelle voci di donna, ora ansiose, ora affrettate, ora incerte, ora amichevoli, ora aspre, ora dolenti, ora semplicemente silenziose. La colpiva il desiderio di tutte di comprendere, di andare al fondo del dramma di Vanessa, di restituirle una serenità forse perduta per sempre.
Le venne una struggente nostalgia della Terra, del suo mondo perduto, che pur le restituiva frammenti della sua essenza umana. Nostalgia e rifiuto, insieme. Era lì la radice del dolore che sentiva dentro, capì quanto fosse stato difficile essere umana, eppure insieme capì quanto fosse essenziale per lei rimanere umana. A un tratto, mentre si specchiava nel destino di Vanessa, attraverso le parole delle scrittrici, lo vide affiorare in tutta la sua tragica quotidiana e perenne verità. A quel pensiero, le sfuggì un getto d’inchiostro cosmico che si riversò sul faro, creando un’immensa macchia nera. E poi, man mano che la macchia andava schiarendosi, ecco sovrapporsi alle parole delle scrittrici i suoi grafemi luminosi. Era anche lei, dunque, coinvolta in quella vicenda? Perché così profondo era il suo dolore? Perché dal suo interno sentiva levarsi un grido d’aiuto?
Il nome di Vanessa si moltiplicò in tante forme, invase come un lampo il faro nella sua superficie totale, benché fosse gigantesco e alto al punto che se non se ne intuiva che la sommità luminosa, e sempre più si ingrandiva, man mano che si riempiva di segni, per accoglierne altri, e poi altri, e altri ancora. Vanessa aveva richiamato le sue tante sorelle, d’ogni luogo e tempo. Donne, giovani, ragazze che avevano conosciuto il dolore e la solitudine danzavano insieme, narrando del loro destino in una litania sommessa e cupa. Ana ne fu travolta. Si scoprì parte di quel destino. Si chiese, se mai lei, la scriba, potesse riscrivere la sua storia insieme alle scrittrici che aveva incrociato in tempi e luoghi così lontani dal suo, ormai fuori dalla dimensione terrena.
Si sentì ferire dal desiderio di morte che emanava da Vanessa, si sentì guarire dall’amore che le scorreva intorno, che l’avrebbe salvata? O che forse l’aveva già salvata. Si immerse nella storia e cercò di coglierne i nessi e gli intrecci. Non sapeva in quale alba si sarebbe risvegliata, ora sarebbe rimasta insonne a svolgere la matassa della storia, a intesserla in quel comune gioco di orditi.
Il Grande Narratore la trovò così, in un’alba imprecisata della Galassia dello Scorpione. E per un istante le si fermò accanto. Lesse. Capì quanto avesse giustamente scommesso su quella fragile scriba.