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Era pronta. E fu così che la sua voce di GRANDE NARRATRICE prese a risuonare per tutto lo spazio vitale … e Il caso Vanessa fu l'inizio

download.pngAna B2024Y

Il nuovo racconto

S’alzò improvviso un vento fortissimo dal Grande Sole, Ana B1024X si sentì risucchiare in un vortice cupo di materia stellare. Fu un istante. Ana B2024Y le tese inutilmente il suo uncino, la perse in un balenio di segni. Rimase sullo sfondo cupo del Faro della Sibilla, il più estremo del mondi paralleli, un’eco che andava facendosi sempre più distinta rimbalzando dalla Stele degli Alfabeti fino al suo orecchio fullerìteo.

La stele si fissò al suo occhio cristallino e lì rimase come giunto al porto da sempre destinato. L’invase un potere senza limiti, vide il Grande Narratore sfilarsi dal suo corpo risucchiato dal vortice che aveva annullato Ana B1024X.

Ana B2024Y sentì un’energia potentissima impadronirsi di lei e spingere le parole fuori dalla sua bocca come un canto ora terso e melodiose ora terribile e cupo. Cosa ne avrebbe fatto di tutto quel potere? Si chiese incerta se gioirne o tremarne.

Ana B2024Y si fermò a riflettere, mentre la Stele degli Alfabeti coincideva ormai con il suo occhio cristallino. Sollevò il lembo dell'involucro traslucido che stava arrotolandosi velocemente lungo il corpo del Faro. Lo scosse ed esso, attratto da una forza cui nulla poteva contrapporre, cominciò a srotolarsi come un velo segnato di punti luminosi che andò man mano distendendosi secondo traiettorie ondulate e circolari insieme. Ana l'immaginò come un lungo nastro che andasse ad abbracciare tutti i Fari che mettevano in collegamento i mondi paralleli. Nel sottofondo di voci che fluivano da quella trama di parole tornava come un'eco costante un nome: Vanessa, e insieme tutto un universo d’altre parole che dicevano di un’umanità dialogante, di carne e sentimenti, la carne destinata a marcire riscattata dalla memoria delle parole dette, scritte, delle esperienze scambiate, dei messaggi lanciati al futuro ignoto, con una fede nella perenne durata del racconto, della forza del suo tessuto valoriale. In un tempo altro tutto quel calore umano, quel prendersi cura l’una dell’altra avrebbe prodotto un nuovo rinnovato universo di parole, di racconti, di valori.

 

Scendeva intanto il buio che avrebbe avvolto il Faro delle Sibille per la lunga notte interplanetaria. Nel cielo sempre più cupo i segni luminescenti del lungo nastro andavano facendosi più  chiari e definiti.

 

Ana B2024Y si abbandonò al pulsare dei curiosi segni luminosi che le scorrevano tra le dita. Così riconobbe se stessa tra le magnifiche sette scrittrici riflesse in ogni segno, così si riconobbe tra le Vanesse il cui destino sembrava dovesse essere per sempre sommerso nell'oblio, mentre ora segnava il passaggio a una nuova era cosmica. 

Il Grande Narratore, nel gioco del potere del racconto, potere senza il quale nulla avrebbe potuto esistere coscientemente, le aveva ceduto  - perché così era scritto - il governo delle parole, affinché una nuova tessitura stellare si disponesse tra torre e torre a rinforzarne i legamenti aurorali. Era, dunque, il tempo delle Grandi Narratrici. A lei ora il compito di dare nuovamente senso all’arcaico strumento delle parole. Nessuna tecnologia era stata in grado di generare segni potenti come le parole, finché il silenzio aveva avvolto in un lungo sonno l’universo. Per troppo tempo la IAB aveva cercato i codici per interpretare il linguaggio e riprendere finalmente l’uso salvifico della parola.

Fu uno scavo profondo, doloroso, di un piacere che le ricordava quello fisico - davvero incredibile che ancora ricordasse quel dolore - di quando premeva con forza sulle sue ferite, perché ne sentisse più radicalmente l’esistenza, più a fondo, fino alla fonte. Impossibile descriverlo, non c’erano le parole giuste nel suo pur nuovo sconfinato vocabolario. Certo c’era qualcosa di masochistico nel provare piacere da quella pressione sulla sua pelle bionica che aveva ripreso la morbidezza della pelle umana. Scavò ancora più testardamente nel fondo del deposito memoriale che aveva accumulato chi prima di lei aveva avuto il ruolo di scriba, un deposito di storie che man mano riempivano gli spazi vuoti di materia, per diventare anch’esse materia cosmica, le Torri captavano dai Fari, ora tutti catalizzati dal Faro delle Sibille,  ne tenevano salda la fitta rete in attesa che altre scribe ne ricostruissero i fili spezzati, frammentati, molto spesso così intrecciati in tempi altri e in spazi altri da apparire irrecuperabili nella loro linearità di fatti accaduti.

Spesso le Torri si accendevano d’una luce che toccava i picchi più audaci della gamma di colori possibili, e ciò accadeva quando una maglia della rete si collegava a un’altra e si scopriva un frammento più ampio e significativo della storia che appariva, in parte ricostruita, sulle sue pareti. Si levavano a tratti effluvi dimenticati, mentre al tocco ogni parola produceva una sensazione tattile diversa. Si levava allora un balenìo come di arcobaleni improvvisamente riflessi sulle Torri, che poi altro non era che il segno del rideterminarsi del sistema dopo ogni diffrazione dovuta all’incunearsi di una parole nel flusso delle narrazioni. La Stele degli Alfabeti era ormai un gigantesco obelisco intorno al quale ruotavano le tessiture delle narrazioni. Era quanto era accaduto alla Torre del Capricorno quando avevano cominciato a scorrere i flussi di parole intorno al nome di Vanessa. Il Grande Narratore allora aveva compreso la forza di Ana B2024Y e a lei aveva dovuto cedere la cura “della nuova storia". Il suo potere di nascondere la Stele degli Alfabeti e il valore polisensoriale del linguaggio sarebbe stato affidato ad una scriba. Il suo tempo era terminato, questa volta nulla più poteva.

A lei. Ana B2024Y, la scriba, era spettato dunque di riscrivere la storia partendo dallo sguardo di sette scrittrici, ciascuna china sul proprio foglio bianco a incidere i segni della loro visione del mondo. Un solo titolo “Il caso Vanessa”, sette donne, sette storie illuminate dalla luce della consapevolezza della loro identità di donne. Quanto tempo era trascorso da quando le ferite sulla sua pelle parlavano di una violenza impunita? Quando era iniziata l’era in cui aveva prevalso, sulla violenza del forte sul debole, del maschio sulla femmina, dell’umano sulla natura, del denaro sulla sapienza, la libertà d’essere se stesso o se stessa e comunque la “libertà d’essere” che rendeva ciascun vivente diverso e uguale nella Confederazione cosmica, e annullava, infine, la violenza del forte sul debole, del maschio sulla femmina, dell’umano sulla natura, del denaro sulla sapienza.

Il Faro delle Sibille fece largo alle parole che venivano da un così lontano tempo, da uno spazio di cui restavano ormai solo le parole narranti. Ana B2024Y, la scriba, l’archeologa delle storie scomparse, batté lo stilo sulle parete concava del Faro. Le sette storie si composero come un puzzle di pieni e vuoti. Alcuni fogli sfrangiati, altri dilavati, altri fitti di segni, altri perfettamente bianchi, ma il senso andava facendosi sempre più chiaro. Un cerchio di parole chiave legava il tutto, nonostante molto si fosse dispero del racconto nel deposito memoriale. Una definizione legava tutte le altre parole in un intreccio indissolubile: “romanzo collettivo”. Ana B2024Y aveva mai sentito prima quelle parole? Il “romanzo” aveva da tempo lasciato il posto al “documento”, la definizione di collettivo non aveva trovato spazio nella dimensione quantica, in cui dominava la singolarità. La sua curiosità crebbe. Ora che lei, la scriba, l’archeologa delle storie scomparse, aveva il compito di prendersi cura della nuova storia, che ne avrebbe fatto di quelle parole? Intanto le ripeteva a se stessa, e man mano scomparivano le cicatrici delle sue antiche ferite. Una nuova storia con una nuova visione stava per nascere, Ana B2024Y era pronta per il grande dono … prendersi cura della parola nella sua polisensorialità, restituirla, diffondere la potenza del linguaggio, dare nuoco FLATUS; nuova vita all’universo dei mondi paralleli …

Ora tutto le era chiaro. Ora poteva finalmente esercitare il potere del dono. Le giunsero le parole di Ana Bor con la dolcezza del miele che un tempo tanto aveva amato.

La mia Terra, dove germogliano

semi di multiformi frutti e vegliano i boschi

sulle Orse impazzite d’amore e d’odio,

e vegliano le stelle sull’Umanità incerta del suo destino

nel groviglio di galassie e istanti dilatati

nel tempo dell’illusione e dell’utopia.

 

Era pronta. E fu così che la sua voce di GRANDE NARRATRICE prese a risuonare per tutto lo spazio vitale …


 

Capitolo 1

Livia si guardò intorno. La piazza non c'era. Le sembrò strano, perché da che mondo è mondo gli autobus si fermano in una piazza, qualunque e comunque sia. C'era, invece, un budello di strada, senza né inizio né fine, un'infilata di case che racchiudevano l'autobus come in un lungo doppio nastro serpeggiante dai colori scialbi. Livia scese, ancora un po' imbambolata per quel semisonno che l'aveva accompagnata per la maggior parte del viaggio e ora pareva non volerla abbandonare. Prese le sue valigie dalle mani caldicce dell'autista e quel contatto la svegliò o quasi. Ma la piazza decisamente non c'era. C’era invece accanto a lei baluginante a tratti la sagoma di Eva. Entrambe facevano parte del club delle piazze mancanti, l’avevano scoperto durante gli studi universitari, quando entrambe viaggiatrici con qualche cicatrice amorosa, avevano cominciato a scambiarsi frammenti delle loro vite, ma soprattutto dei loro sogni. Galeotte le dispense del docente di Psicologia clinica, il prof, Delle Colline, pace all’anima sua.

- Oh, lei, di’a... l'è lei la maestra psi’olo’a?- una voce affannata le venne incontro …