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Il Faro della Tarantola

Il Faro della Tarantola

4.086 dell'Era della Tarantola - Faro della Galassia della Tarantola - Scriba Ana Bor - La scelta

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Si aprì il file dell’orizzonte come ogni giorno, le stesse albe sulla galassia della Tarantola l’attendevano incerta tra il vivere e il morire. Grande dono che il Grande Narratore aveva riservato a pochi: restare umani nella forma, nella coscienza, nella possibilità di scegliere. Il pensiero si tramutò com’era giusto nel gesto di prostrarsi sulla livida striscia di cielo dove l’occhio prismatico del grande oceano generatore si era fissato come un diamante dalle molteplici facce riflettenti. Si rannicchiò come una piccola sfera per farsi accogliere nell’abbraccio del Grande Narratore. Così doveva iniziare il giorno e così doveva chiudersi.

Quale straordinario dono, questo, pensò guardandosi le piccole mani calde al tocco, toccandosi poi il viso, vi cercò invano la memoria degli occhi, ritirò d’istinto la mano che andava in esplorazione del suo volto per carpire il mistero del suo rifarsi identico ad ogni alba, temendo di scoprirvi le trasformazioni possibili o necessarie o inevitabili.  La colpì, come sempre, il gelo dei piccoli cristalli che il Grande Narratore aveva nella sua generosità sconfinata donato ai suoi amati epigoni, due cristalli prismatici dallo sguardo lungo, proteso nell’infinita ricerca di nuovi mondi ...

Ana fu presa di un brivido nello srotolarsi dopo il rito dell’amplesso generatore che l’alba donava a tutti gli umani e a tutte le umane, ciascuno ai piedi del grande oggetto vitale. A lei era toccato il faro. Il Grande Narratore doveva conoscere di lei qualcosa che le sfuggiva, ma ci sarebbe arrivata, prima o poi, a scoprire perché a lei, proprio a lei, era toccato questo incubo. Lei scriba, lui papiro, vivevano in simbiosi. Si parlavano senza capirsi, dovevano ancora risolvere il mistero del linguaggio. Era il destino che li legava, questa ricerca perenne di un alfabeto comune che li aiutasse ad entrare l'uno nel mistero dell'altra. Attese che l’alta costruzione si componesse in tutta la sua imponenza per scegliere - ecco il brivido, la dannazione della libertà di scelta -, se in quel giorno pallido della galassia della Tarantola dovesse scegliere il versante del passato, del presente o del futuro, dell’istante o dei millenni, del cercare o dell’inventare, del ricevere o del donare … 

La litania mattutina si protrasse a lungo, mentre i cristalli, intanto, generavano attorno alla torre del faro il multiverso dentro cui agiva la forza generatrice del Grande Narratore.

Ana rallentò volutamente il processo di generazione della torre, per poter scegliere con calma la posizione ai suoi piedi.

Decideva sempre per il passato. Perché, se lo chiese più volte, molte volte, la scelta le avrebbe giocato un tempo lungo della sua permanenza su Tarantola, perché sì, libera di scegliere lo era, ma la durata del tempo non le apparteneva, non era lei, infatti, a determinare la durata dell’istante o del millennio. Del resto questo era il mistero che la rendeva debole, sapeva che la durata dipendeva dal Grande Narratore. Ciò che lo riempiva durava nel tempo, ciò che lo svuotava si spegneva sul nascere. Doveva sopravvivere il Grande Narratore come tutto nel tutto, perché il nulla era lì e ovunque, in quell’istante e nel sempre. Gli umani e le umane erano indispensabili per dar senso alla sua permanenza, e per questo li coccolava ogni mattina, al risveglio.

La risposta alla sua scelta era nella voglia di scoprire perché scriba. Perché non danzatrice, lei che amava tanto muoversi in sintonia con i cieli. Perché non curatrice, lei che aveva in passato riconosciuto ogni bug e saputo risarcire le ferite di quel sistema instabile. Perché non generatrice, si chiedeva esplorando la vagina intatta e l’utero vuoto. E ogni volta la risposta le giungeva dalle sue dita che dal cavo del suo utero uscivano umide di inchiostro. Nessuna domanda reggeva al fascino del trasformarsi dell’inchiostro in grafemi, così scopriva ogni volta che si componevano al tocco delle sua dita sulla parete della torre le parole che generavano l’energia del faro, il senso della Tarantola, la galassia madre che succhiava linfa dal suo utero perché si componesse la storia e dentro la storia la vita di ogni essere vivente sull’infinito schermo luminoso di cui nessuno conosceva il principio e la fine.

Ma perché a lei era toccato a lei essere scriba?

Il passato la risucchiò in un istante.