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"Non volevo…". Quante volte aveva sentito quella frase.

Quando Robertino le diede uno schiaffo, Evelina sentì cadersi il modo addosso. Si sedette  come inebetita, un velo di lacrime le coprì gli occhi. Robertino vedendola piangere le corse tra le braccia.

-       Mamma. no, scusa non volevo…

Non volevo… quante volte aveva sentito quella frase, una frase  tradimento, da sconfessare alla prima occasione. No, non poteva essere vero. Eppur e la guancia le bruciava e le lacrime scendevano a fiumi. Evelina stentava a riprendersi. Non poteva essere vero. Non poteva ricominciare tutto daccapo. Una storia che non sarebbe mai finita, dunque. Generazioni segnate dalla violenza? Generazioni cui nulla avevano insegnato le lacrime, le umiliazioni, le battaglie per uscirne?

Si alzò a fatica e a fatica abbracciò suo figlio. Come avrebbe fatto a insegnargli che esiste un modo tenero di approccio alla madre, alle sorelle. A volte negli occhi di bambino aveva visto accendersi un fuoco, come di chi ha dentro un braciere acceso di rabbia  e di rancore. A nulla servivano le sue carezze? era più forte la consuetudine a vedere la madre picchiata, sottomettersi e resistere al dolore, alla vergogna.  Come, cosa fare? Parlarne all’assistente sociale poteva significare farselo togliere. Far finta di niente poteva significare consegnare il figlio a un destino di uomo violento. Forse uno schiaffo era nulla o tutto. Il segnale di un dramma possibile o semplicemente una carezza più forte, una richiesta d’attenzione, un grido d’aiuto?

Chiamò Consuelo. Ma non ebbe il coraggio di parlargliene. Domani ci sarebbe stato Consiglio di classe. Meglio parlarne di persona … o non parlarne affatto.

Quella sera non scesero a cena. Evelina rimase in camera, nel piccolo appartamento messole a disposizione nella casa famiglia. Quando Assunta, la direttrice, salì a vedere cosa fosse successo, Evelina disse di avere un forte mal di testa e le chiese se poteva assicurarsi che i suoi figli mangiassero regolarmente la cena.  Doveva dormire un po’, per  lo meno assopirsi. Assunta comprese che qualcosa era accaduto. Che il marito l’avesse rintracciata? Che la minacciasse? Avrebbe voluto chiederle, ma sapeva per esperienza che doveva venire da lei la volontà di confidarsi, di affidarsi. La lasciò nella sua stanza, distesa sul letto con la  faccia nascosta. Evelina aveva bisogno di aiuto. Nulla era finito per lei del calvario della violenza. Le sarebbe stata vicino fino a capire cosa era accaduto e a trovare insieme la soluzione giusta. Era il suo compito, comprendere, ascoltare, consigliare, dare gli strumenti. Sarebbe stato inutile forzarla. Intanto erano al sicuro nella casa famiglia. Le augurò di riposare e la salutò con una carezza.